La ricerca HPV oncogeno
Scoperto che la causa necessaria per lo sviluppo di un carcinoma cervicale è l’infezione da HPV oncogeno, sono stati sviluppati dei test per verificare la presenza o meno di tale virus a livello del collo dell’utero.
La presenza del papillomavirus, dimostrata dall’HPV test, indica che la paziente presenta un fattore di rischio per sviluppare una precancerosi o un tumore, non serve a diagnosticare l’infezione da HPV. In particolare, la presenza dell’HPV ad alto rischio è associata a un aumento di 100 volte del rischio di sviluppare una lesione pretumorale di alto grado al collo dell’utero.
Vediamo bene da questo grafico come l’incidenza di CIN3+ in seguito a una citologia basale negativa aumenta molto più velocemente rispetto all’incidenza in seguito a un HPV test negativo o a citologia e HPV test entrambi negativi.
La protezione data da un HPV test negativo è quindi molto più lunga e dà la possibilità di allungare l’intervallo di screening nel caso di un programma basato sull’HPV test come test primario.
Aumentare l’intervallo di screening porterebbe alla riduzione del numero di test di screening che la donna deve eseguire durante l’arco della propria vita, rendendo più accettabile sottoporsi al test e soprattutto riducendo i possibili danni di un test di screening.
Lo screening con HPV test nelle donne più giovani potrebbe portare alla sovradiagnosi di CIN2 che regrediscono spontaneamente.
Anche nel gruppo di donne tra i 35 e 60 anni, l’HPV test si è dimostrato più sensibile del Pap test, con una riduzione della specificità marginale. Da sottolineare che a queste età l’infezione da HPV e le lesioni pretumorali sono più facilmente persistenti e potenzialmente progressive. L’utilizzo della citologia su strato sottile ha portato a un marginale miglioramento della sensibilità, aumentando però il numero di falsi positivi.
Conclusioni degli studi randomizzati
Dai risultati dei molti studi randomizzati sul HPV test si può quindi concludere che esso abbia maggiore sensibilità e valore predittivo negativo (VPN) del Pap test, con specificità e valore predittivo positivo (VPP) simili. L’utilizzo di tale test può prolungare gli intervalli di screening, portando a un potenziale aumento dell’accettabilità e a una riduzione di medicalizzazione e sovratrattamenti.
Il test dell’HPV:
- facilita un riscontro precoce delle lesioni precancerose (maggiormente rispetto al Pap test), portando a una riduzione dell’invio a colposcopia nel secondo turno di screening e riducendo possibili cause d’ansia e agitazione;
- non è operatore dipendente bensì oggettivo e automatizzato;
- necessita di minori controlli di qualità rispetto al Pap test;
- riduce il numero di citologie da eseguire, limitandole a chi presenta un rischio maggiore di sviluppare una precancerosi o un tumore invasivo.
Test di rischio
Tra gli screening oncologici, quello contro il carcinoma al collo dell’utero è l’unico che non porta semplicemente a una diagnosi precoce, ma a una vera e propria prevenzione del tumore.
Infatti, con lo screening contro il cervicocarcinoma andiamo a cercare condizioni di rischio per lo sviluppo di un tumore e quindi lesioni pretumorali o l’infezione da HPV.
L’HPV test identifica la popolazione a maggior rischio di avere o sviluppare una lesione pretumorale al collo dell’utero. Seleziona, quindi, la popolazione che maggiormente può beneficiare dello screening citologico e dei successivi approfondimenti diagnostici mediante colposcopia e biopsia mirata.