Le 100 domande sull’HPV

 

Alcune domande dopo l’esito dei test

Se il Pap Test è positivo?

Nella maggior parte dei casi di Pap Test positivo non si tratta di un tumore, ma di una lesione precancerosa che può essere eliminata con un semplice intervento ambula- toriale. Inoltre esiste la possibilità che sia un falso allarme (falso positivo); questa possibilità aumenta quando il test segnala alterazioni molto lievi, come ad esempio un esito “alterazioni cellulari squamose di significato indeterminato (ASC-US)”, oppure “lesione intraepiteliale squamosa (SIL) di basso grado”; in questi casi la probabilità che non vi siano lesioni può essere superiore al 50% e può essere indicato associare il test per il DNA dell’HPV. Se il test è positivo, sono necessari ulteriori accertamenti per arrivare ad una diagnosi precisa.

Quali sono gli esami successivi se il Pap Test è positivo?

Gli esami indicati sono la visita ginecologica e la colposcopia;

questo ultimo esame consiste nell’osservazione del collo dell’utero con un ingranditore; se la colposcopia identifica una lesione questa può essere sottoposta ad esame istologico (biopsia) che può essere effettuata direttamente in ambulatorio.

Quanto è affidabile il Pap Test?

Se il Pap Test è negativo rimane comunque la possibilità che ci sia una lesione cervicale che il test non ha identificato (falso negativo): infatti nessun test è sicuro al 100%. La ripetizione ad intervalli regolari del Pap Test è un metodo per ovviare al problema dei test falsamente negativi.

Per aumentare la sicurezza si può oggi associare al Pap Test il test per l’HPV DNA. La negatività dei due test dà una sicurezza superiore al 98%. In presenza di disturbi conviene comunque rivolgersi al medico di famiglia oppure al ginecologo.

Se il Pap Test è negativo ed il test per il DNA dell’HPV positivo?

La positività del test virale non comporta malattie, è solo l’indicazione della presenza di un fattore di rischio. Per questo entrambi gli esami andranno ripetuti a distanza di circa un anno.

Come si eseguono i test (Pap ed HPV-DNA test):

gli esami sono innocui e indolori, e vengono eseguiti in una singola manovra; l’ostetrica o il ginecologo inserisce un divaricatore vaginale e preleva alcune cellule dalla superficie esterna del collo dell’utero con una spatolina e, dall’interno del collo dell’utero, con uno spazzolino.

Le cellule per i due test vengono disperse in una provetta contenente un liquido e quindi inviate in laboratorio per essere analizzate.

dai sacerdoti

Papillomavirus umano (HPV)

Negli ultimi 10 anni è stato dimostrato che il tumore cer- vicale ha un’origine virale, dovuta alla persistenza dei vi- rus del papilloma umano (Human Papilloma Virus – HPV). Questo virus è molto comune e si trasmette per via sessuale, la sua presenza non porta disturbi ed è innocua. La maggior parte delle persone viene a contatto e diventa portatrice del virus senza esserne a conoscenza; solitamente l’organismo se ne libera spontaneamente nell’arco di alcuni mesi, come accade con altri virus come ad esempio quelli che provocano l’influenza. Una parte della popolazione non elimina il virus; la persistenza di questo, associata ad altri fattori di rischio, come ad esempio il fumo di sigaretta, favorisce lo sviluppo di lesioni precancerose che se non curate possono, nel tempo ed in una piccolissima percentuale dei casi, evolvere in tumore della cervice uterina. La conseguenza di queste nuove informazioni è che la presenza del DNA dell’HPV è una condizione necessaria per lo sviluppo delle lesioni; per questo motivo è stato introdotto il test per l’identificazione del DNA dell’HPV insieme al Pap Test1 ; infatti l’assenza del virus dà una maggiore sicurezza rispetto al semplice Pap Test di non avere lesioni e di non svilupparle nell’immediato futuro.

Infine per questo motivo è stata recentemente introdotta la vaccinazione contro il papillomavirus per le donne sotto i 26 anni in modo da poter prevenire meglio le precancerosi e i tumori cervicali.

 


Promemoria intervento laser cervicale

Dopo l’ intervento che prevede l’asportazione di una lesione del collo dell’utero, generalmente nelle ore immediatamente dopo l’intervento e nei giorni successivi non si ha dolore, potrà invece avere una perdita di sangue scura o giallastra per 2-4 settimane: non deve preoccuparsi poichè è da ritenersi entro certi limiti normale.

Per evitare sanguinamenti si consiglia di astenersi dai rapporti sessuali, evitare lavande vaginali interne e visite ginecologiche per un periodo di 2-3 settimane.

A volte l’intensità della perdita di sangue è nettamente superiore ad un flusso mestruale, simile ad un’emorragia (questo evento si verifica in meno dell’1% dei casi); può essere necessario in questi casi rivolgersi al Pronto Soccorso del più vicino ospedale dove è possibile che il medico provveda a bloccare l’emorragia inserendo un tampone (garza) in vagina.

Il ciclo mestruale successivo all’intervento potrà essere più abbondante perché alla normale perdita ematica si aggiungerà il sanguinamento post terapia.

Le ricordiamo che per essere certi che tutta la lesione sia stata effettivamente asportata con l’intervento è sempre necessario eseguire i controlli come indicato dalla lettera di dimissione.

Indicazioni sul follow-up dopo intervento laser, LEEP o cono cervicale

Anche se l’intervento permette di rimuovere completamente la lesione nella maggiore parte dei casi, esiste la possibilità che queste lesioni possano permanere o ripresentarsi.

Per questo è importante successivamente al trattamen- to sottoporsi a periodici controlli, che consentano di evidenziare eventuali persistenze o ricomparsa della malattia.

Le indicazioni relative al primo controllo le verranno comunicate sulla lettera di dimissione definitiva.

Pap test ed HPV test sono i due esami che farà nei con- trolli: la colposcopia è necessaria solo in casi selezionati. La colposcopia è sicuramente indicata in caso di:

  • Pap Test positivo per SIL di alto grado (CIN2/3) con qualsiasi esito del test HPV
  • Pap Test positivo per ASCUS oppure per SIL di basso grado (CIN/HPV) e HPV test positivo

Dopo 2 controlli con Pap Test e HPV test entrambi ne- gativi i controlli cervicali di screening successivi pos- sono essere effettuati regolarmente ogni 2-3 anni.

Importante

Il follow-up post intervento valuta unicamente la problematica inerente la cervice uterina. Il controllo ginecologico annuale va eseguito comunque regolarmente presso il ginecologo curante.

 


L’Ormonoterapia e la terapia biologica

Che cosa è la terapia ormonale?

L’ormonoterapia, o terapia ormonale, consiste nella somministrazione di farmaci in grado di interferire con l’attività degli estrogeni, ormoni ritenuti coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo di almeno due terzi dei tumori mammari. Per tale motivo si ritiene che la loro riduzione possa essere un trattamento efficace.

I meccanismi di azione fondamentali dell’ormonotera- pia sono sostanzialmente tre:

  1. impedire alla cellula tumorale di essere influenzata dagli ormoni prodotti dall’organismo attraverso la somministrazione di un antiestrogeno (Tamoxifen);
  2. inibire la produzione di estrogeni, bloccando l’azione di un enzima, aromatasi, che trasforma gli androgeni in estrogeni (inibitori dell’aromatasi);
  3. inibire la produzione degli estrogeni prodotti dal- le ovaie utilizzando gli analoghi dell’LHRH (ablazione ovarica).

In quali casi è indicata la terapia ormonale?

L’ormonoterapia è efficace soltanto nelle donne in cui è stata dimostrata la presenza di recettori per l’estrogeno e/o il progesterone sulla superficie delle cellule tumorali.

Il tumore si definisce in questo caso estrogeno-positivo (ER+) e/o progesterone-positivo (PGR+).

Come avviene la scelta del trattamento?

La scelta del trattamento più indicato per ogni donna dipende da una serie di fattori, i principali dei quali sono:

  • caratteristiche della malattia
  • trattamenti già ricevuti
  • presenza di recettori specifici sulle cellule neoplastiche
  • stato menopausale.

L’oncologo discuterà con voi quale tipo di terapia or- monale sia più indicato nel vostro caso, consigliando una terapia ormonale con tamoxifen o con un inibitore dell’aromatasi o potrebbe essere offerta la sequenza dei due farmaci per un tempo complessivo di almeno cinque anni.

Il Tamoxifene

Cosa è il tamoxifene?

Il tamoxifene appartiene alla classe degli antiestrogeni. Il meccanismo di azione di tali sostanze consiste nell’im-pedire che l’estrogeno si combini con le cellule tumorali e ne stimoli la crescita.
Il tamoxifene può essere attivo sia nelle donne che non hanno raggiunto la menopausa (stato pre-menopausale) sia alle donne che sono già in menopausa (stato post-menopausale).
Il tamoxifene è la terapia più comune per le donne in stato pre-menopausale.

Con quali nomi si trova in commercio?

Il tamoxifene è disponibile sia come specialità medicinale (Nolvadex®, Kessar®, Nomafen®, Tamoxene®) sia come farmaco generico (Tamoxifene Ratiofarm, Tamoxifene Segix, Tamoxifene TAD). Se lei è intollerante al lattosio, essendo questo eccipiente presente in quasi tutte le preparazioni commerciali, può richiedere al suo medico di prescriverle un farmaco galenico privo di lattosio.

Quando devo assumere il farmaco?

Il farmaco può essere assunto appena disponibile indipendentemente dal ciclo mestruale.

Come devo assumere il farmaco?

Il farmaco, in forma di compressa o capsula, si assume per bocca tutti i giorni all’incirca alla stessa ora (vi è una tolleranza di 2-3 ore).

Il Tamoxifene

Cosa è il tamoxifene?

Il tamoxifene appartiene alla classe degli antiestrogeni. Il meccanismo di azione di tali sostanze consiste nell’impedire che l’estrogeno si combini con le cellule tumorali e ne stimoli la crescita.

Il tamoxifene può essere attivo sia nelle donne che non hanno raggiunto la menopausa (stato pre-menopausa- le) sia alle donne che sono già in menopausa (stato post-menopausale).

Il tamoxifene è la terapia più comune per le donne in stato pre-menopausale.

Con quali nomi si trova in commercio?

Il tamoxifene è disponibile sia come specialità medici- nale (Nolvadex®, Kessar®, Nomafen®, Tamoxene®) sia come farmaco generico (Tamoxifene Ratiofarm, Tamoxifene Segix, Tamoxifene TAD). Se lei è intollerante al lattosio, essendo questo eccipiente presente in quasi tutte le preparazioni commerciali, può richiedere al suo medico di prescriverle un farmaco galenico privo di lattosio.

Quando devo assumere il farmaco?

Il farmaco può essere assunto appena disponibile indipendentemente dal ciclo mestruale.

Come devo assumere il farmaco?

Il farmaco, in forma di compressa o capsula, si assume per bocca tutti i giorni all’incirca alla stessa ora (vi è una tolleranza di 2-3 ore).

Quali effetti collaterali provoca?

Di solito causa effetti collaterali di lieve entità, tra i quali si possono includere:

  • vampate di calore e sudorazione
  • aumento di peso, ritenzione idrica
  • secchezza vaginale
  • insonnia
  • dolori scheletrici
  • sbalzi di umore e depressione.

Gli effetti collaterali possono comunque dipendere dalla predisposizione personale alla tendenza a ingrassare e a quanto si sia vulnerabili alla depressione. Un ottimo rimedio per contrastare questi effetti collaterali è l’attività fisica regolare almeno tre volte a settimana. Nelle donne in età postmenopausale, il tamoxifene ac- cresce leggermente il rischio di sviluppare, a distanza di anni, tumore dell’endometrio, trombosi agli arti inferiori e ictus. Fortunatamente si tratta di evenienze molto rare, di solito curabili anche grazie alla diagnosi tempestiva garantita dai controlli suggeriti dai medici di riferimento.

I benefici del tamoxifene per il trattamento dei tu- mori della mammella superano di gran lunga i rischi degli effetti collaterali per la maggior parte delle pazienti.

Per ottenere il farmaco occorre una prescrizione particolare?

Il farmaco, di basso costo, è ottenibile con normale ricetta rilasciata dal Medico di Medicina Generale.

Inibitori dell’aromatasi

Cosa sono gli inibitori dell’aromatasi?

Gli inibitori dell’aromatasi sono farmaci che riducono la quantità di estrogeni in circolo nell’organismo e di conseguenza la quantità di ormoni che raggiungono le cellule tumorali nel seno.

Gli inibitori dell’aromatasi sono riservati alle donne già in menopausa; in queste donne la produzione di estrogeni da parte delle ovaie è praticamente inesistente, ma nei muscoli, nel fegato e nel tessuto adiposo l’enzima aromatasi converte gli androgeni in estrogeni.

Con quali nomi si trovano in commercio?

I farmaci più comunemente usati sono anastrozolo (Arimidex®), letrozolo (Femara®) e exemestane (Aromasin®).

Si assumono sotto forma di compressa giornaliera.

Quali effetti collaterali provocano?

Gli effetti collaterali più comuni sono:

  • vampate di calore
  • stanchezza
  • dolori articolari
  • secchezza vaginale
  • nausea.

Il trattamento prolungato con gli inibitori dell’aromatasi potrebbe indurre osteoporosi. Per questo motivo l’ oncologo potrebbe ritenere opportuno sottoporvi a controlli regolari della densità ossea e consigliarvi l’assunzione di farmaci per rallentare o contrastare questo processo.

Al contrario del Tamoxifene, questi farmaci non aumentano il rischio di trombosi degli arti inferiori, di tumore dell’utero o di ictus.

Quando devo assumere il farmaco?

Il farmaco può essere assunto appena disponibile indipendentemente dal ciclo mestruale.

Come devo assumere il farmaco?

Il farmaco, in forma di compressa, si assume per bocca tutti i giorni all’incirca alla stessa ora (vi è una tolleranza di 2-3 ore).

Per ottenere il farmaco occorre una prescrizione particolare?

Per ottenere il farmaco dal sistema sanitario nazionale occorre rivolgersi al Medico di Medicina Generale con la “Scheda di segnalazione diagnosi e piano terapeutico” rilasciata dallo specialista oncologo, che ha validità semestrale o annuale. Il Medico di Medicina Generale può quindi emettere la ricetta per il ritiro del farmaco in farmacia.

Analoghi dell’LHRH

Cosa sono gli analoghi dell’LHRH?

Sono sostanze che inibiscono la produzione degli estrogeni da parte delle ovaie con conseguente blocco del ciclo mestruale (ablazione o soppressione ovarica).

In quali casi è indicata l’ablazione ovarica?

Nelle donne in età pre-menopausale l’ablazione ovarica consente di abbassare i livelli di estrogeni e di indurre una menopausa temporanea, contribuendo quindi a bloccare la crescita delle cellule tumorali.

I livelli ormonali possono ritornare normali alla conclusione del trattamento, in alcuni casi anche senza la ripresa del ciclo mestruale.

Gli analoghi dell’LHRH vengono spesso usati in associazione con un altro antiestrogeno per un periodo di almeno due anni.

Quali effetti collaterali provocano?

Gli effetti collaterali del trattamento sono simili a quelli della menopausa fisiologica e comprendono vampate di calore e sudorazione, diminuzione della libido, cefalea e sbalzi d’umore.

Con quali nomi si trovano in commercio?

I nomi di questi farmaci sono: triptorelina embonato (Decapeptyl®), goserelin (Zoladex®), leucoprorelina acetato (Enantone®).

Quando devo farmi praticare il farmaco?

La prima somministrazione deve avvenire il primo giorno delle mestruazioni. Le successive devono avvenire puntualmente ogni 28 giorni. È possibile che la prima somministrazione non impedisca il flusso mestruale, che potrebbe presentarsi come normale per uno o due mesi.

Come devo farmi praticare il farmaco?

Zoladex® e Enantone® si somministrano sotto forma di iniezioni sottocutanee.

Decapeptyl® per via intramuscolare.

Per ottenere il farmaco occorre una prescrizione particolare?

Per l’erogazione del farmaco da parte del Sistema Sanitario Nazionale occorre rivolgersi al Medico di Medicina Generale con la “Scheda di segnalazione diagnosi e piano terapeutico” rilasciata dallo specialista oncologo, che ha validità semestrale o annuale, in relazione alla quale il Medico di Medicina Generale può emettere la ricetta per il ritiro del farmaco in farmacia.

Si tratta di farmaci molto costosi.

Anticorpi monoclonali (terapia biologica)

Cosa è la terapia biologica?

Negli ultimi anni sono stati studiati farmaci capaci di colpire solo le cellule tumorali, agendo su un bersaglio contenuto esclusivamente o prevalentemente nelle cellule tumorali. A questi farmaci (definiti “biologici”) appartengono gli anticorpi monoclonali, che si sono dimostrati in grado di colpire e distruggere le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane.

Cosa sono gli anticorpi monoclonali?

Gli anticorpi monoclonali sono simili agli anticorpi che ci difendono dalle infezioni e da altre malattie, ma hanno la caratteristica di essere stati realizzati dai ricercatori per raggiungere ed eliminare determinate cellule tumorali che si riconoscono dalla presenza di recettori specifici.

Alla classe degli anticorpi monoclonali utilizzati nel trattamento dei tumori mammari appartiene il trastuzumab (Herceptin®).

In quali casi è indicato l’uso dell’Herceptin?

Il trastuzumab (Herceptin) agisce unicamente sui carcinomi della mammella che presentano in grande eccesso un recettore chiamato HER 2.

Nel carcinoma mammario Herceptin è in grado di ridurre il rischio di recidiva dopo il trattamento chirurgico. Herceptin può essere utilizzato in ombinazione con altri farmaci anche per il trattamento di carcinomi mammari in stadio avanzato, recidivante o diffuso ad altri organi.

Quali effetti collaterali provoca?

Gli effetti collaterali sono di solito lievi:

alcune pazienti possono sviluppare sintomi simil- influenzali, diarrea, mal di testa, reazioni allergiche. In alcuni casi Herceptin può produrre un danno cardiaco, di solito di lieve entità che nella maggior parte dei casi è reversibile dopo la sospensione del trattamento. Tuttavia, al momento si ignorano gli effetti a lungo termine di qualunque danno a livello cardiaco; per tale motivo Herceptin non è indicato per il trattamento di pazienti con problemi cardiaci.

Quali sono le modalità di somministrazione degli anticorpi?

Gli anticorpi vengono somministrati per endovena ogni 3 settimane, esclusivamente in ambito ospedaliero. Sono farmaci molto costosi.


Il tumore della cervice uterina

Cos’è la cervice uterina?

La cervice uterina (o collo uterino) è la parte inferiore dell’utero. L’utero è un organo cavo, a forma di pera, localizzato nella pelvi femminile, tra la vescica ante- riormente ed il retto posteriormente. La cervice uterina è visibile sul fondo della vagina, come una formazione cilindrica che presenta al centro un orifizio, chiamato orifizio uterino esterno (OUE). Tale orifizio è l’estremità di un canale (detto cervicale) che collega la cavità ute- rina alla cavità vaginale. Da un punto di vista microsco- pico, la cervice e la vagina sono rivestite da un epitelio squamoso mentre il canale cervicale e la cavità uterina è rivestita da un epitelio colonnare di tipo ghiandolare. Si definisce giunzione squamo-colonnare (GSC) la li- nea di confine tra questi due diversi epiteli, collocata idealmente in corrispondenza dell’OUE. A seguito di in- fiammazioni, microtraumatismi o squilibri ormonali, la GSC subisce dei danni con la perdita del rivestimento epiteliale originario (soprattutto quello ghiandolare che è più delicato), che sarà rimpiazzato da un terzo tipo di epitelio detto di “riparazione” o “metaplastico”, cre- ando un’area chiamata zona di trasformazione. E’ sulla zona di trasformazione che insorgono le più importanti alterazioni citologiche, displastiche e neoplastiche ed è per questo motivo che il prelievo citologico o PAP Test viene effettuato in corrispondenza della GSC.

 

Cos’è il tumore della cervice?

Il cancro della cervice, come la maggior parte dei tumori, prende il nome dalla parte del corpo dalla quale origina. In questo caso si sviluppa prevalentemente in corrispondenza della zona di trasformazione e deriva, nell’85% dei casi, dall’epitelio squamoso di rivestimento (carcinoma spinocellulare), mentre nel restante 15% dei casi deriva dall’epitelio colonnare di tipo ghiandolare (adenocarcinoma della cervice).
Ogni anno a circa 3700 donne in Italia, viene diagnosticato un tumore alla cervice. La sopravvivenza a 5 anni è di circa il 70%.
La fascia di età maggiormente coinvolta è quella tra i 55 e 65 anni, anche se non sono rari i casi in cui sono coinvolte donne più giovani o donne in gravidanza.

 

Cosa sono gli stati pre-cancerosi?

Il tumore della cervice uterina non origina dal tessuto normale cervicale ma da aree di tessuto particolari dette pre-cancerosi cervicali. Le precancerosi sono alterazioni benigne e superficiali del rivestimento della cervice uterina, differenti dal tessuto normale; circa il 15% delle precancerosi cervicali più gravi (carcinoma in situ) degenera in tumore nell’arco di 10-15 anni. Alterazioni precancerose della cervice di solito non causano dolore e, in generale, non causano alcun sintomo. Essi vengono rilevati mediante un esame colposcopico o un Pap test.
Lesione squamosa intraepitelialie (SIL) o neoplasia intraepiteliale cervicale (CIN) sono alcuni dei termini che indicano le precancerosi cervicali.
Lesione: si riferisce ad una alterazione del tessuto che è anomala.
Squamosa: si riferisce alle cellule piatte presenti sulla superficie (del collo dell’utero).
Intraepiteliale: significa che le cellule anormali sono presenti solo nello strato superficiale.
Secondo il National Cancer Institute (NCI), le modificazioni a carico di queste cellule possono essere suddivise in due categorie:
SIL basso grado: riferisce a variazioni precoci della dimensione, forma, e il numero di cellule che formano la superficie della cervice. Essi possono andare via da soli,
o, col tempo, può crescere o diventare più anomala, formando una lesione di alto grado.
Queste alterazioni possono anche essere chiamata displasia lieve o neoplasia cervicale intraepiteliale 1 (CIN 1).
SIL alto grado: significa che le alterazioni pre-cancerose sono più severe ma, come il SIL a basso grado, queste alterazioni sono sempre benigne, possono regredire, e
coinvolgono solo le cellule della superficie della cervice.
Le cellule alterate spesso non diventano cancerose, ma alcune di esse nel tempo possono dare origine ad un tumore.
Le lesioni di alto grado possono anche essere chiamate displasia moderata o grave, CIN 2 o CIN 3, o carcinoma in situ.

 

Quali sono i fattori di rischio del carcinoma della cervice?

Il tumore della cervice uterina è una malattia frequente, che colpisce le donne in tutte le fasce di età.
Il principale fattore di rischio è rappresentato dall’infezione da HPV (papilloma virus umano). Questo virus si trasmette da persona a persona per via sessuale
o per contatto intimo pelle contro pelle. Il numero di contagiati è altissimo: si stima, infatti, che 8 donne su 10 attive sessualmente, abbiano contratto il virus nel corso della loro vita e che, di conseguenza, anche gli uomini siano portatori del virus in modo inconsapevole.
Per questo motivo, avere più partner (o un partner sessualmente promiscuo) o rapporti sessuali in età precoce, rende più probabili le infezioni da HPV. La grande maggioranza delle infezioni si risolve senza lasciare alcun segno, solo poche infezioni persistono nel tempo e possono dare origine a lesioni precancerose.
Oltre alla infezione da HPV (che rappresenta una causa necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo del tumore) esistono altri fattori predisponenti che possono intervenire nello sviluppo del tumore della cervice uterina, anche se in misura molto inferiore, come il fumo di sigaretta o malattie sessualmente trasmesse (infezioni da Chlamydia, Herpes Virus, etc.).

 

Quali sono i sintomi?

Le precancerosi cervicali solitamente non causano sintomi e generalmente sono identificate con i test di screening, rivolti alle donne sane in assenza di sintomatologia.
I sintomi solitamente non compaiono fino a quando non si forma un tumore; le cellule anormali della cervice in questo caso diventano cancerose ed invasive, crescono volumetricamente all’interno della cervice o invadono i tessuti circostanti. Quando ciò avviene, il sintomo più diffuso è il sanguinamento. I sanguinamenti possono presentarsi tra i cicli mestruali o dopo rapporti sessuali, lavande vaginali o visite ginecologiche.
L’aumento delle secrezioni vaginali anomale può essere un altro segno del tumore alla cervice. Altri sintomi comprendono: dolore nella zona pelvica o a livello lombare, sangue nelle urine ed edema degli arti inferiori.
In presenza di uno o più sintomi, la paziente deve contattare immediatamente il medico.

 

C’è modo di prevenire il tumore della cervice?

La carta vincente per la battaglia contro il cancro della cervice uterina è la prevenzione; il tumore origina dalle pre-cancerosi offrendo così un lungo periodo di tempo in cui poter intervenire su queste anomalie benigne prima che ci sia la trasformazione tumorale.
Ci sono due strategie preventive:
– Vaccinazione HPV (prevenzione primaria); prevenzione delle pre-cancerosi
– Screening (prevenzione secondaria); identificazione ed eliminazione chirurgica delle pre-cancerosi
L’integrazione delle due strategie preventive permette oggi di azzerare il tumore della cervice uterina, la seconda causa di morte per tumore nelle donne nel mondo.
Nei paesi sviluppati lo screening con pap test ha già permesso un notevole riduzione nella mortalità, con un incidenza che passa dai 40 casi per 100.000 donne , nei paesi in cui non c’è screening, agli 8 casi per 100.000 donne dell’Italia.

Vaccinazione

Il papilloma virus (HPV) è indispensabile perché si formino sul collo dell’utero le precancerosi cervicali, che sono la tappa indispensabile perché si formi il tumore; pertanto la ricerca si è concentrata sullo sviluppo di un vaccino contro l’HPV. Ad ora sono stati approvati due tipi di vaccino:

– Gardasil : protegge contro quattro tipi del virus HPV, inclusi gli HPV 16 e 18 che causano da soli più del 70% delle pre-cancerosi e dei tumori cervicali; è indicato nelle donne dai 9 ai 45 anni. Gardasil è stato anche sperimentato, ed è attivo, nella prevenzione delle precancerosi della vagina, della vulva, dell’ano e del pene.
Per questi due ultimi siti è indicato anche nei maschi, dai 9 ai 26 anni. Gardasil inoltre è anche attivo contro altri due papilloma virus, i tipi 6 ed 11, che causano il
90 per cento dei condilomi genitali (verruche benigne) di maschi e femmine.
– Cervarix: protegge contro due tipi di HPV, il 16 ed il 18, che causano da soli più del 70% delle pre-cancerosi e dei tumori cervicali. Cervarix è stato sperimentato
solo sulla cervice uterina, dove però dà una protezione globale delle pre-cancerosi cervicali più severe (CIN3) intorno al 90%, al di là quindi della protezione dei soli tipi 16 e 18 in qualità dell’alto livello di protezione contro tipi virali di HPV non presenti nel vaccino, ma in causa nelle genesi delle pre-cancerosi

Screening

Vi sono due test di screening, il PAP test ed il test HPV.
Entrambi portano alla identificazione delle precancerosi cervicali, alterazioni tissutali benigne che precedono il tumore. Quando lo screening identifichi un soggetto a rischio, cioè che potrebbe avere o sviluppare nel prossimo futuro una precancerosi, si effettua una colposcopia;
questo è un esame permette di visualizzare attraverso lenti di ingrandimento la cervice uterina e con l’aiuto di coloranti specifici evidenziare un’area anomala; per confermare od escludere la presenza di una alterazione pre-cancerosa si effettua una biopsia.
La biopsia consiste nel prelievo di tessuto cervicale e della sua analisi in laboratorio al microsopio. Non è dolorosa e si effettua senza anestesia.
Una volta identificate le precancerosi, queste vengono rimosse con un piccolo intervento chirurgico ambulatoriale oppure in day surgery, che talvolta prende il nome di conizzazione.
L’eliminazione chirurgica delle pre-cancerosi cervicali permette di prevenire il tumore; è questa la strategia di successo che ha permesso di ridurre la mortalità per tumore cervicale nei paesi dove è stato introdotto lo screening cervicale con pap test. Il Pap test individua le alterazioni le pre-cancerosi cervicali.
Durante un Pap test il medico o l’infermiere raccoglie alcune cellule dalla cervice uterina per inviarle a un laboratorio. Il Pap test permette di visualizzare sia
le cellule anormali, indicative della possibile presenza di una pre-cancerosi cervicale, ed anche le eventuali cellule tumorali presenti sul collo dell’utero, indicative
di un tumore ancora asintomatico; nel sospetto di un tumore cervicale, è consigliabile eseguire la visita ginecologica, perché il pap test non è un metodo di diagnosi
dei tumori cervicali, ma di screening delle precancerosi e dei tumori iniziali asintomatici.
Il pap test eseguito periodicamente permette di effettuare una prevenzione. Il test viene consigliato tradizionalmente una volta all’anno dai ginecologi, e viene offerto gratuitamente ogni tre anni alla popolazione dai 25 ai 65 anni di età.
I ricercatori italiani stanno poi introducendo, dopo la conferma degli studi eseguiti, il concetto di prevenzione con l’utilizzo non solo del pap test ma anche del HPV test. Questo probabilmente comporterà una modifica delle linee guida finora utilizzate per aumentare la capacità di diagnosi precoce dei test di screening in nostro possesso.

Il test HPV è un test che identifica la presenza del DNA del papilloma virus presente nelle cellule cervicali. Il test ricerca solo i tipi virali cosiddetti ad alto rischio; questi sono i soli che sono in grado di dare le alterazioni pre-cancerose cervicali; da queste, eventualmente, si può sviluppare un tumore.
Le cellule vengono raccolte come in un Pap test, ma a differenza del pap, vengono lette direttamente da uno strumento di laboratorio. La positività di questo test indica la presenza del papilloma virus nella cervice uterina in quantità e tipologia da indicare la possibilità di avere o sviluppare nel breve periodo una alterazione pre-cancerosa. Il test HPV è stato introdotto per le donne con risultati leggermente anormali del Pap test (ASC-US) per escludere da ulteriori accertamenti le donne che risultano negative al test HPV.
Il test HPV può essere usato anche come test di screening per le donne sopra i 30 anni, da solo od in associazione al pap test; dal momento che indica non solo la presenza delle pre-cancerosi ma anche la predisposizione a svilupparle, la negatività del test HPV permette di allungare l’intervallo tra due screening per un tempo compreso dai tre ai cinque anni.
Con l’introduzione del test HPV per le donne sopra i trenta anni non viene più consigliato il pap test annuale, perché la negatività del test HPV fornisce una sicurezza
di molto superiore al pap test negativo eseguito una volta all’anno.

 

Come si effettua la diagnosi di tumore della cervice uterina?

La diagnosi di tumore della cervice uterina può essere fatta durante la visita ginecologica con l’ausilio dei test di screening, della colposcopia e della biopsia a seconda delle dimensioni del tumore. Se il tumore è microscopico, nel contesto di una pre-cancerosi e pertanto non visibile ad occhio nudo e non apprezzabile alla
palpazione, i test di screening eseguiti durante la visita permettono l’identificazione delle cellule alterate. Sarà successivamente necessario eseguire la colposcopia
con biopsia, e talvolta l’escissione dell’anomalia colposcopica, per avere la conferma della diagnosi. Se il tumore è invece macroscopico la visita ginecologica può
evidenziare la neoformazione cervicale, sia alla palpazione sia all’esame ispettivo; in questo caso, durante la visita si può procedere alla biopsia del collo dell’utero
per la conferma istologica, che è sempre indispensabile per la diagnosi.
In genere il tumore microscopico è asintomatico. Nei casi di tumore macroscopici invece spesso la donna è sintomatica e si presenta per un sanguinamento anomale, specie dopo i rapporti, o con mestruazioni o perdite maleodoranti più abbondanti del consueto.

 

Come si effettua la stadiazione del tumore della cervice?

Se la biopsia è positiva per tumore cervicale, il medico deve effettuare una stadiazione della malattia per scegliere il miglior trattamento. Lo Staging è il modo
per scoprire se il tumore ha invaso i tessuti circostanti, se il cancro si è diffuso e, in caso affermativo, in quali parti del corpo. Il cancro cervicale si diffonde più
spesso ai tessuti vicini, situati nella pelvi, ai linfonodi o ai polmoni. Possono anche essere coinvolti meno frequentemente il fegato o le ossa.
Quando il cancro si diffonde dalla sua origine in un’altra parte del corpo, il nuovo tumore ha lo stesso tipo di cellule tumorali e lo stesso nome del tumore originale.
Per esempio, se il cancro cervicale si diffonde ai polmoni, le cellule tumorali nei polmoni sono in realtà le cellule tumorali del collo dell’utero. La malattia è
metastatica del cancro della cervice uterina, non è un tumore polmonare. Per questo motivo, viene trattato come cancro cervicale non come cancro del polmone.
Il nuovo tumore viene chiamato metastasi Per conoscere l’estensione della malattia, il medico può richiedere alcuni dei seguenti esami:
• Radiografia del torace: esame che, con una dose relativamente bassa di raggi X, consente di valutare i polmoni del soggetto, ed evidenziare, oltre a processi
flogistici, anche eventuali metastasi, con diametro superiore ad 1 centimentro.

• Tomografia computerizzata (TC): esame basato su una macchina che emette raggi X, collegata ad un computer che, sulla base di differenze di densità, fornisce
immagini dettagliate degli organi nei distretti in esame.
L’utilizzo del mezzo di contrasto permette di aumentare le differenze di densità e pertanto di visualizzare meglio eventuali aree anomale, soprattutto al di fuori della
cervice, per esempio in linfonodi e altri organi a distanza.
Le immagini vengono acquisite su un piano assiale (perpendicolare all’asse lungo del paziente) e possono poi essere ricostruite su altri piani per migliorare la
visione complessiva. Per la valutazione di donne con tumore della cervice l’esame TC viene solitamente mirato allo studio di addome e pelvi e, in casi selezionati, può
essere esteso allo studio del torace.
• Risonanza magnetica (RMN): Un potente magnete collegato a un computer è usato per ottenere immagini molto dettagliate di parti del corpo senza l’utilizzo di
raggi X, ma basandosi su differenze magnetiche tra i vari organi La risonanza magnetica è in grado di dimostrare molti dettagli anatomici del tumore, come dimensioni, estensione longitudinale e trasversale, contatto con gli organi circostanti, coinvolgimento dei linfonodi loco-regionali o metastasi ad altri organi nello stesso
distretto. A causa dell’elevata complessità dell’apparecchiatura, l’esame è più lento di un esame TC e pertanto viene di solito mirato alla zona di specifico interesse
che, nel caso dei tumori della cervice uterina, è la pelvi.
Le immagini ottenute, sia con esami TC che RM, vengono di solito studiate dal medico direttamente su un monitor e poi fornite al paziente su pellicola o su CD.

• Tomografia ad emissione di positroni/CT (PET/CT): indagine che prevede la somministrazione endovenosa di un radiofarmaco (zucchero) che si distribuisce maggiormente nelle cellule tumorali rispetto alle cellule sane. L’apparecchiatura ricostruisce immagini sui tre piani (assiale, coronale e sagittale) che permettono di
localizzare la sede delle cellule tumorali e quindi di fornire al chirurgo e all’oncologo e al radioterapista di scegliere il trattamento più adeguato per la paziente.

 

Quali sono gli stadi del tumore della cervice?

• Quando le cellule maligne iniziano ad infiltrare gli strati più superficiali della cervice, si parla di carcinoma microinvasivo (quando l’invasione è inferiore a
3 mm) e di carcinoma invasivo (quando oltrepassa il imite dei 3 mm).

• I stadio: il tumore ha invaso la cervice al di sotto dello strato superiore delle cellule. Le cellule tumorali si trovano solo nella cervice.
• II stadio: Il tumore si estende alla parte superiore della vagina. Esso può estendersi oltre la cervice nei tessuti circostanti tessuto fibro-adiposo che unisce l’utero alla pelvi (parametrio). Il tumore non invade il terzo inferiore della vagina o della parete pelvica.
• III stadio: Il tumore si estende alla parte inferiore della vagina. Può anche aver invaso la parete pelvica. Se il tumore blocca il flusso di urina, uno o entrambi i
reni non possono funzionare bene.
• IV stadio: il tumore invade la vescica il retto. Oppure il cancro si è diffuso ad altre parti del corpo.

 

Come si cura il tumore della cervice?

La terapia del tumore della cervice si basa su tre punti cardinali:
1. La chirurgia
2. La chemioterapia
3. La radioterapia
A seconda dello stadio di malattia può essere indicato un trattamento o un altro, piuttosto che l’associazione di due trattamenti.

 

Cosa prevede la chirurgia?

La chirurgia è una terapia locale finalizzata alla rimozione del tessuto anormale dalla cervice o vicino ad essa. Se il tumore è localizzato solo sulla superficie della cervice, il medico rimuovere le cellule cancerose in un modo simile a quello usato per trattare le lesioni precancerose. Se la malattia ha invaso gli strati profondi della cervice, ma non si è estesa intorno ad essa, il medico può effettuare un’operazione per eliminare il tumore ma lasciare utero e ovaie. In altri casi, invece, può essere necessario asportare l’utero (isterectomia).
La paziente può sempre decidere di scegliere la terapia demolitiva, soprattutto se non vuole più gravidanze. L’isterectomia totale consiste nel rimuovere chirurgicamente l’intero utero, inclusa la cervice; talvolta vengono anche rimosse le ovaie e le tube di Falloppio. L’isterectomia totale può essere semplice
o radicale in relazione alla asportazione del tessuto fibro-adiposo che unisce l’utero alla pelvi, alla vescica ed al retto (tessuto pericervicale o parametri anteriore, laterale e posteriore). In base alla diffusione della malattia (quindi in base allo stadio clinico), può essere indicato rimuovere i linfonodi pelvici e/o lomboaortici per verificarne l’eventuale coinvolgimento neoplastico.

 

E’ possibile l’utilizzo di un approccio chirurgico meno invasivo?

La Chirurgia Robotica rappresenta la più innovativa e valida alternativa terapeutica sia alla laparotomia tradizionale sia alla laparoscopia nell’effettuazione di interventi complessi e delicati come l’asportazione radicale del viscere uterino in caso di tumore cervicale.
Il robot grazie alla visione tridimensionale ed alla presenza di bracci meccanici che sorreggono senza tremare e senza stancarsi gli strumenti che sono dotati
di estrema manovrabilità, accomuna i vantaggi della chirurgia a cielo aperto e di quella mini-invasiva convenzionale.
I principali benefici per le pazienti sottoposte a trattamento con chirurgia robotica includono:
• Minore dolore post-operatorio;
• Minore perdita ematica intraoperatoria;
• Minore degenza in ospedale;
• Minore rischio di infezione postoperatoria;
• Più rapida guarigione e convalescenza;
• Piccole cicatrici chirurgiche con migliori risultati estetici.
La costante evoluzione dello strumentario e l’esperienza sempre crescente in chirurgia mini-invasiva, consentono oggi di proporre tale procedura ed i suoi vantaggi
ad un numero sempre maggiore di pazienti per numerose patologie tumorali: tuttavia la competenza in campo oncologico resta alla base del suo impiego che, come per tutte le procedure chirurgiche, ha indicazioni e limiti, rischi e complicanze.
A tutt’oggi non ci sono studi che dimostrino vantaggi o svantaggi in termini di sopravvivenza a seconda dell’approccio chirurgico adottato (chirurgia tradizionale o chirurgia robotica).

 

Cosa si intende per trattamento chemioterapico?

Per il trattamento del cancro della cervice, la chemioterapia è di solito in combinazione con la radioterapia. In caso di tumore che si è diffuso in altri organi la chemioterapia può essere utilizzata da sola.
La chemioterapia utilizza farmaci per uccidere le cellule tumorali. I farmaci per il cancro del collo dell’utero sono solitamente somministrati attraverso una vena (via endovenosa). Gli effetti collaterali dipendono principalmente da quali farmaci vengono utilizzati. La chemioterapia uccide le cellule tumorali in rapida crescita, ma i farmaci possono anche danneggiare le cellule normali che si dividono rapidamente, come ad esempio le cellule del sangue (quando la chemioterapia abbassa i livelli di cellule del sangue sane, è molto più probabile avere infezioni, lividi o sanguinamenti) , le cellule della radice del bulbo pilifero (questo può causare perdita dei capelli) e le cellule che rivestono l’apparato digerente (questo può causare uno scarso appetito, nausea e vomito, diarrea).
Alcuni pazienti prendono parte a studi clinici sperimentali di terapie mediche, chirurgiche radioterapiche o combinate. Ogni studio è effettuato per valutare nuovi
trattamenti che possano curare meglio o con meno complicanze.

 

Cosa si intende per radioterapia?

La radioterapia si integra alla chirurgia ed alla chemioterapia nella cura della malattia della cervice. Si distingue in radioterapia a fasci esterni e brachiterapia.

La radioterapia a fasci esterni

Utilizza radiazioni ionizzanti per irradiare la regione pelvica che contiene l’utero e altre strutture che debbono essere trattate perché ammalate oppure per
evitare che si ammalino a distanza di tempo. In alcuni casi il campo di trattamento può comprendere anche la regione addominale centrale alta per sterilizzare anche i linfonodi che ivi si trovano. Per il ciclo di trattamento la paziente si reca in reparto ambulatorialmente tutti i giorni dal lunedì al venerdì per circa 4-6 settimane e ogni seduta dura pochi minuti. Prima di cominciare si procede con la simulazione, durante la quale si acquisiscono immagini TC della regione da trattare. Su queste immagini viene sviluppato il piano di cura che risulterà quindi personalizzato per la singola paziente.
Poiche’ la radioterapia e’ una disciplina in continua evoluzione grazie allo sviluppo di tecnologie sempre piu avanzate, esiste oggi la possibilità di utilizzare apparecchiature ad elevata precisione che consentono di poter produrre trattamenti a cosiddetta “intensità modulata”. Tomoterapia, Trilogy e Vero sono apparecchiature che ci consentono di somministrare dosi maggiori e meglio adattate alla conformazione geometrica della malattia e dosi minori alle strutture sane che la circondano, minimizzando dunque gli effetti collaterali acuti e quelli cronici, soprattutto a livello intestinale, rettale, renale e vescicale.
Generalmente la tossicità acuta, quindi quella che puo’ insorgere in corso di terapia, si manifesta con diarrea, talora cistite ed un grado modesto di stanchezza.
Gli effetti tardivi, ovvero quelli che possono verificarsi negli anni successivi al trattamento, si manifestano con disturbi intestinali, solitamente modesti ma talora, soprattutto nella radioterapia postoperatorio, anche più severi ed indurimento dei tessuti irradiati (fibrosi).
A queste tossicità può sommarsi quella della chemioterapia quando effettuata.
Il rischio di effetti collaterali va adeguatamente valutato quando si pone indicazione alla radioterapia in tutte le sue forme ed è necessario dunque fare un bilancio
fra i costi ed i benefici di un trattamento dove naturalmente i benefici debbono superare i costi in termini di tossicità.

La Brachiterapia

La brachiterapia si integra con la radioterapia a fasci esterni e rappresenta una parte fondamentale della terapia della neoplasia della cervice uterina non operata.
E’ utilizzata anche nel completamento del trattamento post-operatorio. Generalmente segue il trattamento a fasci esterni dopo un intervallo di 2-3 settimane. In alcuni paesi viene considerata trattamento unico e standard per il tumore in stadio iniziale. Attraverso il posizionamento di applicatori uterini direttamente all’interno
alla malattia è possibile irradiare il collo dell’utero a dosi elevate senza intaccare la vescica ed il retto che sono molto vicini ad esso.
Esistono 3 tipo di brachiterapia:
– HDR : la dose di radioterapia viene somministrata nell’arco di pochi minuti ed il trattamento viene erogato in poche sedute solitamente a giorni alterni. Questa procedura può essere effettuata ambulatorialmente.
– PDR: la dose viene somministrata ogni ora, per un numero di ore variabile e pertanto il trattamento può durare da uno a diversi giorni. Questa procedura richiede il ricovero.

– LDR: vengono utilizzate sorgenti radioattive sotto forma di spille o aghi. E’ trattamento meno utilizzato ad oggi poiché sostituito dalla terapia PDR. E’ comunque necessario il ricovero.
Per PDR e HDR la sorgente radiante, e’ costituita da un seme di Iridio 192 simile ad un grano di riso custodito all’ inteno di un proiettore. La paziente viene collegata
alla macchina attraverso cateteri plastici a loro volta connessi all’applicatore precedentemente inserito nella malattia. La radioattività della sorgente differente tra
PDR e HDR: più bassa nel primo e più alta nel secondo.

 

Trattamento della recidiva di malattia

La moderna radioterapia, sia essa a fasci esterni o brachiterapia, viene anche utilizzata per la cura o la palliazione della malattia recidiva. Sino a pochi anni or sono non era quasi mai possibile dare indicazione alla cosiddetta reirradiazione mentre il potenziale risparmio di tessuto circostante la malattia e di concentrazione della dose ad un bersaglio anatomicamente delineabile oggi consente di curare, o palliare efficacemente, anche la malattia che sia ricaduta.
Tra le apparecchiature in uso e tecnologicamente avanzate la Cyberknife e’ in grado di colpire un bersaglio attraverso campi multipli di terapia prodotti da un braccio robotico capace di ruotare intorno alla paziente in tutte le direzioni.
Per la quasi totalità dei trattamenti e’ necessario posizionare nelle vicinanze della malattia particolari reperi radiologici in oro che il sistema di calcolo computerizzato
riconosce e orienta nei tre piani dello spazio.
Cyberknife
Radioterapia intraoperatoria (IORT).
Infine esistono acceleratori dedicati alla radioterapia intraoperatoria IORT. Questi macchinari sono allocati in sala operatoria, producono fasci di elettroni e consentono di raggiungere sedi di malattia addominale con la migliore precisione possibile. Tutte le strutture adiacenti possono essere fisicamente allontanate
dal fascio o protette da speciali dischi di piombo che al termine del trattamento vengono rimossi. La terapia può essere effettuata quindi con minimi effetti collaterali. Nella patologia ginecologica solitamente la IORT viene utilizzata in corso di chirurgia eviscerativa, ovvero quando per rimuovere la malattia e’ necessario sacrificare retto e/ o vescica. Il tempo tecnico di irradiazione e’ di qualche minuto.

 

Follow-up

Considerato che il 75% delle recidive si verificano entro 2 anni dal trattamento, le visite di follow-up dovrebbero essere più frequenti in questo periodo. Ogni 3-4 mesi deve essere eseguita un esame obiettivo della paziente con valutazione di dolore, sanguinamenti vaginali, calo ponderale, funzione intestinale e vescicale, linfoadenopatie inguinali e sovraclaveari. Gli strumenti sono rappresentati da visita ginecologica/rettovaginale per valutare sofficità vaginale, parametriale, eventuali masse pelviche; Pap-test; markers tumorali quali CEA, CA125, SCC. Dai 3 ai 5 anni l’intervallo di sorveglianza può essere portato a 6 mesi con valutazione annuale di una radiografia del torace e una TC addome-pelvi periodica nelle malattie avanzate.


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