1. L’introduzione del Pap test
La maggior parte dei programmi di screening organizzati contro il cervicocarcinoma si basano sull’utilizzo del Pap test.
Il concetto di utilizzare la citologia esfoliativa per identificare donne con un carcinoma al collo dell’utero invasivo è stato introdotto da Papanicolaou e Babes negli anni ‘20.
Successivamente Papanicolaou ha rifinito la tecnica e dimostrato che la citologia convenzionale può essere utilizzata anche per identificare lesioni precancerose al collo dell’utero.
Dopo tale scoperta, l’attenzione è passata verso l’identificazione tramite la citologia di donne con lesioni precancerose di alto grado, a rischio di diventare carcinomi. Questo fatto fu di notevole importanza in quanto significava che la citologia cervicale potesse essere utilizzata per prevenire il carcinoma invece che semplicemente identificare i casi già invasivi, anche se in stadio ancora precoce.
2. I benefici del Pap test
Lo screening per il cervicocarcinoma si è rivelato un’azione di salute pubblica tra le più efficienti. Tuttavia, lo screening è ancora più efficace attuando un programma organizzato.
Tra il 1988 ed il 1997 si è verificata una riduzione del 42% dell’incidenza di cervicocarcinoma.
Numeri simili sono stati riscontrati all’introduzione di programmi organizzati anche in Italia (22% in Piemonte dal 1990 al 2000) e in Norvegia (20% dal 1995 al 1997).
L’International Agency for Research on Cancer (IARC) stima che i casi di carcinoma cervicale potrebbero essere ridotti dell’80% utilizzando il Pap test nell’ambito di programmi organizzati di screening che coprano tutta la popolazione femminile tra 25 e 65 anni
Screening in Italia
In Italia i programmi di screening prevedono l’esecuzione di un Pap test ogni tre anni tra 25 e 64 anni di età. In alternativa, un HPV test ogni 5 anni tra i 30 e i 64 anni di età.