Tratte dal sito “Istituto Europeo di Oncologia” http://www.ieo.it
INDICE DEGLI ARGOMENTI TRATTATI:
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- Autoesame Mammario
- Agobiopsia Mammaria (Tru Cut)
- La ricostruzione mammaria
- Riabilitazione Motoria dopo Intervento chirurgico al Seno
- Esercizi dopo biopsia del linfonodo sentinella
- La Radioterapia Esterna in Senologia
- L’ormonoterapia e la terapia biologica nel trattamento precauzionale del tumore mammario dopo chirurgia
- Studio SOUND “Sentinel node vs. Observation after axillary UltrasouND”
- Esercizi per il recupero motorio del muscolo gran dentato
Autoesame Mammario
Agobiopsia Mammaria (Tru Cut)
Che cos’è e a cosa serve?
È una biopsia, cioè un prelievo di tessuto del nodulo mammario; l’esame istologico che verrà effettuato ha lo scopo di valutare le caratteristiche biologiche della malattia al seno.
Come viene eseguito?
È una procedura che viene eseguita da un chirurgo senologo, in anestesia locale, in regime ambulatoriale.
Non occorrono particolari precauzioni nè prima nè dopo la manovra; è un esame di regola ben tollerato.
Quali rischi comporta?
Seppur in misura minima, come ogni altra pratica invasiva, le complicanze possono essere il sanguinamento e l’infezione.
Occorre il consenso informato?
Pur essendo una manovra poco invasiva è necessario il consenso informato della paziente, secondo le norme vigenti che troverà in ultima pagina; dopo la firma la scheda staccabile verrà conservata presso il nostro archivio clinico.
Perchè può servire fare una biopsia prima dell’intervento chirurgico?
Durante la visita senologica lo specialista può proporle il tru cut per diversi motivi:
• per candidarla a uno studio prechirurgico
• per formulare la diagnosi istologica
• per sottoporla ad una chemioterapia preoperatoria
• per eseguire una valutazione dei parametri biologici della malattia in corso di chemioterapia preoperatoria.
Con che modalità è eseguibile
Per eseguire la biopsia non è necessario alcun appuntamento, è sufficiente presentarsi presso la Divisione di Senologia al secondo piano, dal lunedì al venerdì dalle ore 14.30 alle ore 17.30.
L’esame è eseguibile sia in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, sia in regime di solvenza.
Per la biopsia in convenzione con il SSN:
PRIMA dell’esecuzione dell’esame si dovrà presentare all’accettazione ambulatoriale munita di 2 impegnative rilasciate dal suo medico di medicina generale con le seguenti diciture.
• Si richiede biopsia mammaria
• Si richiede esame istologico
Qualora non fosse esente, le verrà chiesto di corrispondere il ticket per la compartecipazione alle spese sanitarie pari a 61,34 euro e il pagamento di 149,81 euro per l’esecuzione dei recettori ormonali sul campione di tessuto prelevato; questi ultimi sono dei parametri biologici molto importanti per definire la terapia, attualmente a carico del paziente.
Per la biopsia in regime di solvenza:
PRIMA dell’esecuzione dell’esame si dovrà presentare all’accettazione ambulatoriale per la fatturazione dell’esame pari a 316,81 euro.
Per la biopsia nell’ambito di uno studio:
Nel caso le venisse eseguita la biopsia per candidarla a degli studi prechirurgici, l’esame è a totale carico dell’Istituto e deve comunque prima essere registrato in accettazione.
Per ulteriori informazioni
www.ieo.it
La ricostruzione mammaria
Informazioni Generali
Gentile signora, la presente guida è stata pensata al fine di aiutarla a comprendere appieno la possibilità ricostruttive dopo intervento al seno, pertanto la preghiamo di leggere attentamente prima di acconsentire all’intervento proposto.
Che cos’è la Chirurgia Plastica Ricostruttiva?
Nell’ultima decade molta attenzione è stata dedicata al miglioramento della qualità della vita delle donne colpite da tumore al seno.
La collaborazione tra chirurgo senologo e plastico è fondamentale nel trattamento chirurgico del tumore della mammella, sia nei casi in cui sia necessaria l’asportazione di tutta la mammella, sia nei casi di chirurgia conservativa, per tendere ad un risultato estetico accettabile.
La branca della chirurgia plastica che si occupa di ricostruzione in ambito oncologico viene definita “onco – plastica” e si differenzia molto dalla chirurgia plastica estetica che persegue fini puramente cosmetici.
Quando si rende necessaria una ricostruzione mammaria?
La ricostruzione mammaria è una possibilità offerta alle pazienti contestualmente a un intervento al seno per una patologia oncologica.
Negli interventi di mastectomia il recupero della forma e del volume del seno avviene grazie alla ricostruzione.
La mastectomia totale è un intervento chirurgico che prevede l’asportazione della ghiandola mammaria, la cute sovrastante e il complesso areola e capezzolo.
La mastectomia “nipple sparing” (eseguibile solo in casi selezionati) prevede l’asportazione della ghiandola mammaria con la conservazione della cute sovrastante, dell’areola e del capezzolo.
Per completezza di trattamento di regola viene associata ad una radioterapia erogata sul complesso areola capezzolo o contestualmente all’intervento o entro pochi giorni.
Che tipi di ricostruzione esistono?
Quando è necessario eseguire la mastectomia, la ricostruzione mammaria può essere proposta con diverse modalità: utilizzando protesi definitive o provvisorie oppure tessuti muscolari e/o cutanei della paziente stessa.
Che tipi di ricostruzione esistono?
Quando è necessario eseguire la mastectomia, la ricostruzione mammaria può essere proposta con diverse modalità: utilizzando protesi definitive o provvisorie oppure tessuti muscolari e/o cutanei della paziente stessa.
Quando si può eseguire la ricostruzione?
La ricostruzione può essere eseguita in contemporanea alla mastectomia (immediata) oppure a distanza di mesi o anche di anni (differita).
Occorre una preparazione fisica particolare?
Alle donne fumatrici viene consigliato di astenersi dal fumo; studi clinici hanno dimostrato una migliore circolazione sanguigna in coloro che non fumano o hanno smesso da almeno 3 settimane, e una riduzione delle complicanze correlate.
La ricostruzione con protesi.
Le protesi mammarie possono essere usate sia per ragioni estetiche che ricostruttive come avviene in oncologia. L’inserimento della protesi può avvenire contestualmente alla mastectomia o eseguito in unsecondo tempo. La protesi (provvisoria o definitiva) viene inserita in una “tasca protesica” allestita sotto il muscolo gran pettorale e talvolta sotto il muscolo serrato.
Da cosa sono costituite le protesi?
Tutte le protesi attualmente disponibili hanno un invo- lucro esterno di silicone. L’interno può essere costituito da silicone gel o soluzione fisiologica. Gli studi hanno dimostrato che non ci sono correlazioni fra le protesi di silicone e le malattie autoimmunitarie, né tanto meno vi è un rischio oncologico.
La dizione talvolta riportata dai giornali come “scoppio della protesi” in realtà è una rottura della capsula esterna con nessun rischio di espansione del silicone poiché i moderni materiali utilizzati ne garantiscono la coesione anche in presenza di rottura capsulare.
Che protesi vengono utilizzate presso lo IEO?
Presso l’istituto si utilizzano solo protesi in gel di silicone perché più modellate nella forma anatomica, morbide, simili alla mammella naturale.
Le protesi riempite con soluzione fisiologica hanno una consistenza liquida, possono formare delle pliche nel decolté e nel tempo hanno maggior rischio di rottura e riassorbimento del liquido.
Cos’è la protesi definitiva.
La protesi definitiva viene inserita sotto il muscolo gran pettorale subito dopo una mastectomia; ha lo scopo di ricreare immediatamente il volume perso con l’intervento chirurgico. Il posizionamento sottomuscolare prevede un periodo di adattamento dei tessuti.
Cos’è la protesi provvisoria?
La protesi provvisoria o espansore tissutale è una specie di “palloncino” posizionato esattamente come una protesi definitiva, progressivamente riempito con soluzione fisiologica, in modo da permettere una graduale espansione dei tessuti.
Il riempimento avviene in genere ogni 3-4 settimane, attraverso una valvola integrata nell’impianto facilmente identificabile nel tessuto sottocutaneo.
Una volta raggiunto il volume stabilito è necessario un intervento chirurgico solitamente in anestesia generale per sostituire l’espansore con la protesi definitiva.
Quali sono i rischi correlati alla ricostruzione con protesi?
Vi sono possibili effetti indesiderati ogni volta che un materiale estraneo viene impiantato nel corpo; quello che viene definito “rigetto della protesi” non è altro che un ispessimento della capsula periprotesica, cioè della cicatrice che in ogni caso si forma intorno alla protesi.
Questa capsula può rimanere soffice con una forma della mammella molto naturale, ma può anche ispessirsi provocando conseguentemente una contrattura della capsula, che rende la mammella dura e rigida. Questo ispessimento tende a restringere la base della protesi determinando una forma un po’ troppo rotonda e a volte troppo alta.
La contrattura capsulare può comparire nel 40% dei casi di pazienti sottoposte a ricostruzione mammaria, ma solamente nel 10-15% dei casi tale contrattura è severa e richiede una correzione chirurgica.
Questo problema può verificarsi sia con le protesi in gel sia con quelle riempite con soluzione fisiologica.
Il rischio di contrattura è più elevato (circa il 30%) se la paziente è stata sottoposta a radioterapia loco regionale o dovrà eseguirla in futuro ed è uno degli elementi di valutazione nella scelta di una ricostruzione immediata o differita, e della tecnica di ricostruzione.
La ricostruzione con lembi muscolari.
La ricostruzione con lembi muscolari utilizza una parte dei tessuti della paziente che vengono “trasferiti” dalla regione addominale o dalla regione dorsale a quella mammaria.
Può essere eseguita contestualmente all’asportazione della mammella o dopo vari mesi.
In cosa consiste la ricostruzione con muscolo addominale?
La muscolatura della parete addominale è costituita da 8 muscoli e uno (più raramente due), viene utilizzato per la ricostruzione definita con “TRAM” (Transverse Rectus Abdominis Muscle).
La ricostruzione con TRAM prevede la trasposizione di uno dei due muscoli retti addominali con il tessuto cutaneo sovrastante per ricostruire la mammella. Un’ellissi di cute e una porzione di grasso sotto l’ombelico viene trasposto insieme al muscolo addominale; questa tecnica ha il vantaggio di avere sufficiente tessuto per ricostruire una mammella simile alla controlaterale senza l’impiego di protesi.
La dislocazione di questi muscoli non indebolisce la parete addominale?
Nell’addome, al posto di questo muscolo viene inserita una rete di rinforzo oppure vengono riavvicinati i muscoli adiacenti in modo da rendere nuovamente molto salda la parete stessa.
Quali vantaggi offre una ricostruzione con TRAM?
Nella ricostruzione di mammelle grandi, anche un po’ ca- denti, avere a disposizione un tessuto molto “malleabile” è un vantaggio poiché il lembo lentamente riacquisterà la sensibilità e andrà incontro negli anni alle medesime variazioni di peso della mammella sana, si trasformerà insieme con il fisico.
È il tipo di ricostruzione più indicata nelle pazienti con una mammella molto voluminosa, in quelle sottoposte a mastectomia e radioterapia, in interventi dopo radiote- rapia e nei casi in cui vi sia stato o sussista un elevato grado di rischio di rigetto della protesi o in pazienti che
Ricostruzione con lembo addominale senza protesi.
La muscolatura della parete addominale è costituita da 8 muscoli e uno (più raramente due), viene utilizzato per la ricostruzione definita con “TRAM” (Transverse Rectus Abdominis Muscle).
La ricostruzione con TRAM prevede la trasposizione di uno dei due muscoli retti addominali con il tessuto cutaneo sovrastante per ricostruire la mammella. Un’ellissi di cute e una porzione di grasso sotto l’ombelico viene trasposto insieme al muscolo addominale; questa tecnica ha il vantaggio di avere sufficiente tessuto per ricostruire una mammella simile alla controlaterale senza l’impiego di protesi.
La dislocazione di questi muscoli non indebolisce la parete addominale?
Nell’addome, al posto di questo muscolo viene inserita una rete di rinforzo oppure vengono riavvicinati i mu- scoli adiacenti in modo da rendere nuovamente molto salda la parete stessa.
Quali vantaggi offre una ricostruzione con TRAM?
Nella ricostruzione di mammelle grandi, anche un po’ cadenti, avere a disposizione un tessuto molto “malleabile” è un vantaggio poiché il lembo lentamente riacquisterà la sensibilità e andrà incontro negli anni alle medesime variazioni di peso della mammella sana, si trasformerà insieme con il fisico.
È il tipo di ricostruzione più indicata nelle pazienti con una mammella molto voluminosa, in quelle sottoposte a mastectomia e radioterapia, in interventi dopo radioterapia e nei casi in cui vi sia stato o sussista un elevato grado di rischio di rigetto della protesi o in pazienti che preferiscano “investire” maggiormente nella ricostruzione con un intervento definitivo.
Che cicatrici rimangono?
Sull’addome rimarrà una cicatrice orizzontale, general- mente nascosta dagli slip e una cicatrice attorno all’om- belico; sulla mammella vi sarà la cicatrice del lembo.
È un intervento molto impegnativo per il fisico?
È un intervento impegnativo, della durata di 4-5 ore, con una convalescenza di circa un mese e un rischio di complicanze più elevato, specialmente nelle persone sovrappeso o forti fumatrici. Nel 5-10% dei casi è necessaria una trasfusione di sangue nel postoperatorio.
Che tipo di complicanze si possono avere?
Oltre alle complicanze generiche di qualsiasi intervento (infezione, sanguinamento o ematoma, trombo embolia, cicatrizzazione patologica, perdita temporanea della sensibilità), nel caso specifico si può avere un indebolimento della parete addominale anteriore (bulging o laparocele) e la deviazione dell’ombelico. Queste due evenienze sono correggibili con un ulteriore intervento chirurgico.
Ci sono controindicazioni rispetto all’età?
Per sottoporsi a questo tipo di ricostruzione non vi sono limiti di età, compatibilmente con le condizioni generali che saranno oggetto di valutazione anestesiologica.
Non vi sono controindicazioni rispetto ad una futura gravidanza anche se comunque risulta necessario un attento follow-up.
In cosa consiste la ricostruzione con lembo gran dorsale?
Nel caso in cui non si voglia o non si possa utilizzare il tes- suto addominale, può essere utilizzato il muscolo gran dor- sale che, insieme a una ellissi di cute, viene trasposto nella regione mammaria per la ricostruzione. Nel caso non sia sufficiente come volume si può aggiungere una protesi sotto il lembo.Nel caso ci sia del tessuto adiposo sul muscolo gran dorsale è possibile ricostruire la mammella senza protesi ma solo con tessuto autologo.
Che cicatrici rimangono?
Oltre alla cicatrice del lembo sul torace, rimarrà una cicatrice dorsale che si può nascondere sotto il reggiseno. Dopo il prelievo di questo lembo, è necessario un drenaggio dorsale, generalmente mantenuto in sede per circa 15 giorni; si può formare un versamento locale anche per 1 mese (sieroma dorsale). Se si preleva il lembo gran dorsale autologo (senza protesi) la cicatrice sarà più lunga e più bassa.
In cosa consiste la ricostruzione con un lembo libero? (DIEP)
Questa tecnica per la ricostruzione mammaria utilizza un tessuto che viene prelevato da un’altra zona del corpo e riportato nella zona mammaria con una congiunzione (anastomosi) microchirurgica di una piccola arteria e una piccola vena, in modo da ripristinare la vascolarizzazione del tessuto.
Con questa modalità può essere utilizzato il tessuto addominale senza alcuna parte di muscolo, e cioè prelevando la cute, il sottocute e un vasellino (perforante) che viene dissecato aprendo solamente il muscolo, perciò si ha il vantaggio di non indebolire la parete addominale anteriore.
Un’altra sede di prelievo è la regione glutea: questo procedimento presenta lo svantaggio di creare una asimmetria in tale sede e una cicatrice a volte dolente.Utilizzando la tecnica microchirurgica questi interventi durano in media 6-8 ore. Per valutare la fattibilità dell’intervento la paziente deve eseguire una angio TAC per valutare la qualità dei vasi da utilizzare.
Nel caso venga asportato il complesso areola e capezzolo, vi può essere una ricostruzione specifica?
Il complesso areola-capezzolo in genere viene ricostruito in anestesia locale, a simmetrizzazione mammaria definitiva. Per l’areola si utilizza la tecnica del tatuaggio e per il capezzolo si può utilizzare un piccolo lembo di tessuto cutaneo locale.
Se il capezzolo da ricostruire è di grosse dimensioni, è possibile prelevare una piccola porzione del capezzolo dell’altra mammella ed eseguire un innesto.
Talvolta con il passar del tempo il tatuaggio può decolorarsi e il capezzolo appiattirsi; in questi casi è possibile ripetere la metodica.
Nell’attesa della ricostruzione dell’areola e del capezzolo è possibile utilizzare capezzoli artificiali in silicone da incollare alla cute con un apposito adesivo.
Ne esistono due differenti misure, venduti in coppia, che possono eventualmente essere utilizzati anche sul capezzolo della mammella sana per ottenere un’adeguata simmetria.
Cosa si può fare se le due mammelle risultano molto diverse?
A volte è consigliabile una correzione della mammella controlaterale in modo da ottenere una migliore simmetria; se la mammella sana è molto più grande di quella precedentemente operata per la neoplasia può essere ridotta di dimensioni con un intervento definito di mastoplastica riduttiva. Se la mammella sana è più piccola, è possibile eseguire un intervento definito di mastoplastica additiva, utilizzando una protesi, con modalità e rischi operatori simili a quanto descritto in seguito.
Quali sono le complicanze possibili dopo una ricostruzione?
Come in qualsiasi intervento chirurgico, possono verificarsi complicanze comunque risolvibili, in relazione alle varie situazioni.
Una è l’infezione batterica. Il rischio effettivo è inferiore all’1-2%; per la prevenzione si utilizzano tecniche standardizzate di antisepsi e durante l’induzione dell’anestesia viene eseguita una profilassi antibiotica. Se nonostante queste precauzioni si osserva un arrossamento vistoso della mammella accompagnato da febbre elevata, va contattato il nostro centro per le terapie del caso. Come in tutti gli interventi chirurgici, il sanguinamento e il rischio di ematoma postoperatorio sono complicanze possibili (2% dei casi); il sanguinamento può richiedere una revisione chirurgica della ferita e, solo se strettamente necessario, di trasfusioni ematiche per reintegrare le perdite.Altre complicanze, fortunatamente rare, sono la tromboembolia per la quale un’appropriata profilassi farmacologia e strumentale (calze elastiche o pneumatiche) è prevista nelle pazienti a rischio.
Per caratteristiche personali, dopo ogni intervento chirurgico potrebbero formarsi cicatrici ipertrofiche o cheloidee, cioè arrossate, dolenti e molto visibili cica- trizzazione patologica).
L’Oncoplastica ha un ruolo anche nella chirurgia conservativa?
Il tumore della mammella è trattato con un approccio multidisciplinare. La chirurgia per la maggior parte del casi è il trattamento primario. In più del 70% dei casi il tumore può essere rimosso in modo radicale senza la necessità di asportare l’intera mammella. In alcuni casi per ottenere un buon risultato sulla mammella malata o una buona simmetria può essere necessario intervenire chirurgicamente anche sulla mammella sana.
Si possono proporre diverse tipologie di intervento plastico:
Rimodellamento mammario sul seno malato dopo l’asportazione di un quadrante:
tale rimodellamento consiste in una “rotazione” del-la ghiandola per ripristinarne la forma rotonda pro-pria dell’organo e può essere associato o meno a un rimodellamento della mammella controlaterale per migliorarne la simmetria finale. Anche l’eventuale porzione di ghiandola mammaria sana asportata urante l’intervento viene sottoposta ad analisi istologica.
Mastoplastica riduttiva e mastopessi:
la prima consiste in una riduzione del volume mammario; la seconda nel “sollevamento” della mammella.
Le cicatrici cutanee correlate a questi interventi sono generalmente localizzate intorno all’areola e verticalmente a livello dei quadranti inferiori e non oltrepassano il solco sottomammario.La sensibilità del capezzolo per un periodo iniziale risulta alterata ma viene generalmente recuperata nel giro di qualche settimana. La funzionalità di allattamento è generalmente conservata. I controlli mammografici annuali non risulteranno alterati, visualizzeran- no piccoli segni radiologici di cicatrici.
Lipofilling:
è una tecnica che permette di colmare i difetti di piccole e medie dimensioni dei tessuti molli secondari a quadrantectomia o a mastectomia e consiste nel prelievo di tessuto adiposo da diverse aree corporee (addome, glutei, cosce ecc), la sua centrifugazione e l’iniezione (innesto) a livello dei difetti da colmare. Lo scopo di questo trattamento è migliorare l’aspetto estetico della mammella operata.
È una metodica chirurgica relativamente semplice, e se la quantità di tessuto adiposo necessario non è eccessiva è eseguibile in anestesia locale, in regime di Day Hospital e non vi sono cicatrici sia a livello della regione donatrice che della regione ricevente.
Una potenziale complicanza è rappresentata dall’eventuale comparsa nell’immediato periodo postoperatorio di infiammazione locale trattabile con farmaci antinfiammatori e/o terapia antibiotica. Le infezioni sono rare.
La percentuale di successo della metodica è variabile in quanto dipende dal riassorbimento del tessuto adiposo nel corso del tempo.
Tale riassorbimento generalmente non supera il 40% della quota iniettata nella regione mammaria.
Le pazienti sottoposte a lipofilling seguiranno il followup con ecografia ogni 6 mesi, visita con il chirurgo plastico e mammografia ogni anno. Si tratta di una tecnica relativamente nuova nella mammella per cui sono necessari stretti controlli.
Decorso post operatorio
Come si prospetta il periodo post operatorio dopo un intervento di ricostruzione?
Nell’immediato post operatorio nella zona operata si può avvertire una sensazione di dolore o bruciore e tensione dei muscoli interessati dall’intervento.
La sensibilità cutanea può essere alterata per la ricostruzione soprattutto a livello della ferita o delle ferite. Se è stata utilizzata una protesi, sia definitiva che provvisoria, è un corpo estraneo per il nostro organismo; i tessuti devono abituarsi alla sua presenza. La protesi viene posizionata dietro un muscolo che normalmente è piatto sul torace.
È una situazione anatomica diversa che richiede del tempo per l’adattamento e la detensione muscolare che può variare da 3 a 4 mesi circa. Molte donne riferiscono di “sentire” la protesi con una gamma di sintomi che vanno dal lieve dolore alla sensazione di corpo estraneo. Normalmente nell’arco di
3-4 mesi queste sensazioni andranno attenuandosi. Se sono stati utilizzati dei lembi muscolari vi saranno delle cicatrici e possibili dolori nelle zone donatrici addominali o dorsali.
Si sente molto dolore nel post operatorio?
Il dolore legato all’intervento va controllato con opportune prescrizioni di antidolorifici con protocolli già ampia- mente sperimentati.
Il concetto di “sopportazione” del dolore è un preconcetto che va assolutamente superato: esso va opportunamente tenuto sotto controllo con i farmaci per permettere una adeguata ripresa fisica.
Occorre un abbigliamento particolare?
Per tutte le ricostruzioni dal giorno dopo l’intervento è consigliato l’uso di un reggiseno sportivo, rigorosamente senza ferretti, allacciato davanti e con spalline all’americana, per permettere di tenere il seno in una posizione stabile; per un mese il reggiseno andrà indossato giorno e notte. Per la degenza si consigliano pigiami aperti davanti per garantire un migliore confort nella gestione dei drenaggi che saranno sicuramente presenti in numero variabile.
Nel caso di intervento con TRAM, oltre a quanto sopra descritto, si consiglia la mobilizzazione con fascia addominale contenitiva.
Nel caso di DIEP non è necessaria alcuna fascia.
Dopo quanto tempo si può fare la doccia o il bagno?
Le ferite saranno coperte con cerotti che non andranno rimossi su iniziativa della paziente. I chirurghi controlleranno ogni giorno lo stato della ferita. Normalmente dopo 7-10 giorni verranno date indicazioni per la rimozione definitiva delle medicazioni e la possibilità di bagnare la ferita.
Prima di 6 settimane dall’intervento, e comunque fino a che la ferita non sarà completamente guarita, non sarà possibile immergersi nella vasca da bagno, in piscina o in mare. Si potranno depilare le ascelle ed utilizzare deodoranti?
Se vi è una ferita in zona ascellare è sconsigliata la depilazione e l’uso dei deodoranti per almeno 4 settimane dall’intervento chirurgico.
Alla dimissione si potrebbero avere ancora dei drenaggi?
Alla dimissione si possono avere ancora uno o più drenaggi che hanno lo scopo di aspirare il siero che normalmente si forma in sede di intervento. Tali presidi vengono rimossi dopo circa 5-10 giorni dall’intervento. Un infermiere alla dimissione educherà la paziente e/o i suoi familiari alla gestione domiciliare del presidio. Dopo la rimozione dei drenaggi si potrà formare una raccolta di siero che prima veniva convogliata all’esterno dal drenaggio stesso; questo può essere rimosso tramite una aspirazione ese- guita con una siringa durante una medicazione.
Quando si devono togliere i punti?
La ferita o le ferite generalmente vengono suturate con fili riassorbibili e non necessitano di rimozione
Quante medicazioni si devono fare?
Alla dimissione un chirurgo dell’equipé controllerà la ferita e indicherà la data della medicazione successiva; in relazione al tipo di intervento e alla quantità del siero drenato verranno di volta in volta indicate le date successive. Durante un periodo post operatorio normale, complessivamente ne potrebbero servire da un minimo di 3 ad un massimo di 7-8. La frequenza delle medicazioni va comunque valutata con il chirurgo in relazione al tipo di intervento eseguito.
Ci sono dei movimenti o delle attività che si devono evitare?
Una volta a casa si possono riprendere le normali attività con alcuni accorgimenti. Se c’è stata ricostruzione con protesi, cautela dovrà essere posta nei movimenti che prevedono l’uso dei muscoli pettorali (esempio sollevamento di pesi superiori ai 2 kg).
Inizialmente sarà da evitare una attività fisica intensa, comprese alcune attività sportive come la corsa, il sal- to, il tennis, fino al benestare del chirurgo.
Se la ricostruzione è stata eseguita con il muscolo gran dorsale per le prime settimane si deve fare attenzione ai movimenti che coinvolgono l’uso del muscolo dorsale (sollevamento del braccio non oltre i 90°) per evitare trazioni sul peduncolo.
Con l’utilizzo del muscolo addominale si deve fare attenzione ai movimenti che attivano i muscoli del torchio addominale, alimentarsi in modo da facilitare il transito intestinale ed evitare i normali sforzi che coinvolgono i muscoli addominali durante l’evacuazione intestinale.
In ogni caso movimenti bruschi e traumi nella zona operata vanno prevenuti ed evitati.
Se si subisce un intervento anche sull’ascella come ci si deve comportare?
Se durante l’intervento senologico è stata eseguita l’asportazione del linfonodo sentinella prima della dimissione si ricevono indicazioni supportate da uno specifico booklet realizzato appositamente. Con la dissezione di tutti i linfonodi ascellari il primo giorno dopo l’intervento si riceve in camera la visita del fisioterapista che insegna esercizi di strechting e rilassamento da eseguire anche a casa.
Si potrà prendere il sole?
È sconsigliabile prendere il sole dopo l’intervento chirurgico per un mese. Per sei mesi dopo l’intervento è utile proteggere dal sole la cute operata applicando una crema solare a protezione totale e utilizzando il costume.
Si potrà guidare l’automobile?
Non esistono controindicazioni particolari alla guida, tuttavia è consigliabile non guidare per circa 3-4 settimane dal giorno dell’intervento chirurgico poiché manovre o posizioni associate alla guida e la cintura di sicurezza che attraversa il torace possono causare dolore con conseguente riduzione della sicurezza personale.
Dopo quanto tempo si potrà riprendere il lavoro?
È bene tenere presente che un intervento chirurgico, di qualunque tipo e per qualunque indicazione lo si effettui, è sempre un evento stressante per l’organismo, che quindi ha bisogno di tempo per ristabilirsi. La durata della convalescenza si decide con il medico curante, in relazione alle condizioni generali.
Nel caso di ricostruzione concomitante all’intervento oncologico dopo quanto tempo sarà pronto l’esito dell’esame istologico?
Alla dimissione l’esame istologico definitivo non sarà ancora pronto; lo sarà dopo circa una settimana dall’intervento chirurgico. È necessario rimanere in contatto con il senologo di riferimento per tutte le informazioni necessarie.
Nel caso di ricostruzione concomitante si dovranno fare delle cure dopo l’intervento?
Eventuali trattamenti complementari verranno decisi in maniera multidisciplinare da chirurghi, oncologi, radioterapisti, patologi che si riuniscono per discutere di tutte le persone operate di cui sia disponibile l’esame istologico.
Il riferimento per le cure è il senologo; oltre alla relazione che riceverà al momento della dimissione, riceverà per posta una relazione clinica completa che riassume il tipo di intervento chirurgico eseguito, l’esame istologico, le eventuali cure e un programma di controlli per il futuro.
La ricostruzione compromette i controlli oncologici del seno?
In abbinamento al followup oncologico, le pazienti sottoposte a ricostruzione mammaria devono essere controllate una volta all’anno con ecografia, mammografia e con una visita dal chirurgo plastico.
La presenza di protesi non compromette la qualità dei controlli radiologici essendo esse inserite in un piano anatomico profondo.
Nel caso la ricostruzione venga eseguita con un lembo, tale tessuto potrà essere studiato con l’ecografia o la risonanza magnetica.
Se si dovesse decidere di non eseguire nessun tipo di ricostruzione?
Dopo un intervento di mastectomia senza ricostruzione, prima della dimissione dal reparto riceverà dal per- sonale infermieristico una protesi in gommapiuma da inserire nel reggiseno e che potrà indossare già dal giorno seguente all’intervento. Le verrà rilasciata la modulistica da portare all’Ufficio Protesi della sua ASL per ricevere gratuitamente una protesi in silicone da inserire nel reggiseno.
Ogni 3 anni avrà diritto a ricevere una nuova protesi ripetendo tutta la prassi seguita per la prima fornitura. Nel caso in cui la protesi dovesse rompersi ha diritto ad una nuova fornitura anche prima dei 3 anni.
Dopo quanto tempo si potrà indossare la protesi in silicone?
Dopo circa 2 mesi dall’intervento potrà iniziare ad utilizzare in modo graduale la protesi esterna. Inizialmente se ne consiglia l’uso in modo graduale, per 2-3 ore al giorno, fino a raggiungere le 7-8 ore al giorno.
È obbligatorio portare la protesi esterna?
Soprattutto nel caso in cui la mammella asportata era di dimensioni medio grandi, indossare la protesi aiuta a mantenere una corretta posizione della colonna vertebrale; normalmente il peso del seno non viene percepito, ma la sua mancanza con il tempo tende, in modo del tutto inconsapevole, a far assumere delle posizioni scorrette.
Occorre un abbigliamento particolare per la protesi esterna?
In commercio esistono dei reggiseni con apposita tasca per evitarne lo spostamento. Intere linee di indumenti intimi e costumi da bagno sono dedicati alle donne mastectomizzate e sono reperibili in moltissime orto- pedie.
Esiste un solo tipo di protesi esterna?
Aziende specializzate come Amoena, Anita, Mediland, Tharmert per citarne solo alcune, propongono una va-sta gamma di protesi che variano per forma, peso e dimensioni. Ne esistono addirittura di “autoportanti” che si possono indossare senza reggiseno, incollandole con apposito prodotto direttamente sulla parete toracica, oppure “refrigeranti” che hanno un cuscinetto che può essere messo in frigorifero per le donne che soffrono in modo particolare del calore che può generare il contatto con la protesi. Per maggiori informazioni vi consigliamo di visitare i siti web delle aziende.
Per informazioni
Segreteria Tel. 02 57489.723 Fax. 02 9437.9203
Manuela Iavarone -Sonia Boffini
Riabilitazione Motoria dopo Intervento chirurgico al Seno
Introduzione
Il presente opuscolo si propone come una guida pratica per la riabilitazione motoria delle pazienti che hanno subito un intervento al seno.
La mobilizzazione precoce ha infatti il vantaggio di portare in breve tempo ad un recupero funzionale assoluto dell’arto che ha subitol’intervento di dissezione ascellare. L’esecuzione metodica degli esercizi illustrati nel testo e l’assistenza del fisioterapista vi permetteranno di raggiungere un’ottimale riabilitazione postoperatoria.
Sensazioni sulla ferita
Dopo l’intervento si potranno avvertire alcune sensazioni nella sede dell’operazione. L’area della ferita può dare una sensazione di disagio o di tensione che rappresenta un decorso normale dopo un intervento chirurgico. Solo se la sensazione si tramuta in dolore importante, eventualmente accompagnato da febbre, si consiglia di sospendere gli esercizi che verranno elencati nei paragrafi successivi. La valutazione del medico o del terapista permetterà di pianificare la successiva riabilitazione.
Sensazioni riferite al braccio, avambraccio e mano, spalla e emitorace
Sono sensazioni che possono verificarsi per traumatismo chirurgico di piccoli nervi sensitivi; le sensazioni sono molto variabili da una paziente all’altra e sono comunemente così descritte:
senso di pesantezza, mancanza di sensibilità, formicolii, senso di goccia d’acqua fredda che scende lungo il braccio, bruciore. Alcune donne avvertono maggiormente queste sensazioni in condizioni di stanchezza o durante cambiamenti climatici.
Tipico disturbo legato ad un nervo chiamato muscolocutaneo del braccio è l’insensibilità di un’area del braccio vicino all’ascella. In genere questi disturbi scompaiono appena le fibre nervose si rigenerano, in un tempo che va da qualche settimana ad un anno.
Questi disturbi non dovranno interferire con la normale attività di tutti i giorni e con gli esercizi fisioterapici consigliati. Gli esercizi motori vanno iniziati nella 1° settimana dopo l’intervento chirurgico.
Essi devono essere eseguiti per riacquistare completa- mente la motilità del braccio e della spalla dal lato dell’in- tervento e andranno ripetuti per tre volte al giorno per 6 settimane.
Gli esercizi vanno eseguiti in modo che il vostro corpo rimanga sempre ben allineato (schiena diritta, spalle sim- metriche, testa che guarda avanti).
Per raggiungere questo scopo è bene eseguire tali esercizi davanti allo specchio.
E’ fondamentale che tutta la giornata diventi un esercizio; il braccio infatti va usato per tutto quello che può essere la vostra attività quotidiana.
Alla mattina, dopo aver eseguito gli esercizi consigliati, dovrete proseguire muovendo il braccio durante l’igiene personale, e la normale l’attività domestica. Queste atti- vità diventeranno importanti perché dovrete controllare che il movimento sia corretto, eseguendolo con la stessa cura e precisione che riserverete agli esercizi di questo opuscolo.
La maggior parte delle pazienti riprendono una motilità normale in sei settimane. Talvolta dopo una quindicina di giorni dall’intervento potrete avere la sensazione di sentirvi più legate nei movimenti. Questo è dovuto alle fibre di riparazione cicatriziale a livello ascellare, ed è in questo periodo che viene richiesta la massima riabilitazione motoria. La respirazione profonda associata agli esercizi aiuterà ad ottenere un miglior rilassamento.
Sedetevi comodamente e inspirate profondamente e lentamente in modo da espandere l’addome. Adesso espirate lentamente buttando fuori tutta l’aria. Ripetete questo esercizio molte volte. Questa tecnica è utile durante lo svolgimento degli esercizi perché permette di avvertire minor disagio e tensione nell’area della ferita.
Le ricordiamo che un senso di fastidio e modesto dolore possono essere normali durante lo svolgimento di tutti questi esercizi: assuma un antidolorifico ma non li so- spenda. Solo quando questi sintomi assumono intensità importante vi è controindicazione agli esercizi stessi. Effettuare regolarmente gli esercizi permetterà una dimi- nuzione progressiva di questi disturbi.
Esercizi
Tecnica di respiro
Distese a letto, braccia lungo i fianchi, ginocchia piegate. Inspirate profondamente e lentamente dal naso, in modo da espandere l’addome al di sotto dell’ombelico, quindi espirate lentamente svuotando completamente i polmoni. Eseguite questo esercizio per qualche minuto.
Aprire e rilasciare
Distese a letto, ginocchia piegate, flettete il braccio portando la mano sulla spalla, quindi portatelo in fuori mantenendo il contatto del gomito con il materasso fino ad avvertire una tensione a livello ascellare o pettorale (Fig. 1). Mantenete la posizione raggiunta rilasciando la muscolatura del braccio e della spalla eseguendo la tecnica del respiro per 30 secondi, quindi se la tensione è diminuita proseguite nel movimento di apertura fino ad avvertire nuovamente la sensazione di tensione che manterrete per altri 30 secondi (Fig. 2). Ritornate alla posizione di partenza. Ripetete l’esercizio 5 volte.
Sollevare aprendo e chiudendo i pugni.
Distese a letto, braccia lungo i fianchi, ginocchia piegate. Sollevate lentamente le braccia parallele fino a portarle in posizione verticale, mantenete la posizione aprendo e chiudendo i pugni 5 volte (in modo da contrarre la muscolatura delle braccia) e ritornate alla posizione di partenza
Ripetere l’esercizio per 5 volte
Obiettivo finale:
Gomito disteso e braccio aderente all’orecchio.(Fig. 3)
Aprire e Chiudere
In piedi o sedute con i piedi ben appoggiati per terra, intrecciate le mani tenendo la testa diritta. Lentamente sollevate le braccia sopra la testa. Superate dolcemente la testa e arrivate con le mani a toccarvi dietro il collo. Adesso aprite i due gomiti lateralmente e richiudeteli per 5 volte. Se doveste avvertire disagio nell’area della feri- ta, mantenete la posizione e lavorate con la tecnica del respiro: inspirate profondamente con il naso ed espirate lentamente con la bocca.
La prima volta che eseguirete questo esercizio non riuscirete a raggiungere la posizione finale, ma con il passare dei giorni migliorerete progressivamente fino a raggiungere senza fatica tale posizione. Riportate lentamente le mani sopra la testa ed abbassate dolcemente le braccia
Attenzione: a) non inarcare la schiena b) tenete la testa diritta
Distensione delle braccia lungo il muro frontalmente
In piedi di fronte al muro, ad una spanna da esso, mettete tutte e due le mani contro la parete all’ altezza delle spalle e fate salire le dita contro la parete parallelamente. Arrivate alla massima altezza possibile avvicinandovi completamente alla parete; fermatevi qualche secondo e ritornate nella posizione di partenza.
Ripetete questo esercizio per 5 volte
Attenzione: non inarcate la schiena.
Distensione del braccio lateralmente
Avrete bisogno per questo esercizio di un pezzetto di nastro adesivo. In piedi con il fianco non operato rivolto verso la parete, a circa tre spanne da essa, appoggiate la mano sul muro distendendo il braccio e avvicinandovi completamente alla parete. Dove arrivano le vostre dita mettete un segno con un pezzetto di nastro adesivo. Ora eseguite l’esercizio nello stesso modo con il braccio ope rato, cercando di avvicinarvi sempre di più al segno che avete lasciato sul muro; quindi allontanatevi dalla parete e scivolate con la mano fino all’altezza della spalla. Ripetere l’esercizio per 5 volte
Attenzione: mentre sollevate il braccio non inclinatevi dal lato opposto.
Linfedema
Il “linfedema” è quel gonfiore alla mano, avambraccio o braccio che può comparire dal lato dell’intervento chirurgico. La frequenza di questa complicanza, con la tecnica chirurgica di dissezione ascellare in cui vengono conservati muscoli e fasci neurovascolari, si è molto ridotta rispetto al passato ed è circa del 2%. La mobilizzazione precoce e gli esercizi di riabilitazione motoria sono un’ottima prevenzione del linfedema, che può essere evitato anche grazie ad alcuni accorgimenti da adottarsi solo nelle prime 6 settimane postoperatorie durante le quali devono attivarsi delle vie linfatiche alternative ed è quindi importante non affaticare il braccio con attività muscolari pesanti come: stirare o effettuare attività ripetitive per tempi prolungati, lavare vetri o pavimenti, sollevare pesi. Inoltre potete usare un cuscino per appoggiare l’arto in modo che quando siete sdraiate il drenaggio venoso sia facilitato. Il rallentamento del drenaggio linfatico che si può avere dopo la rimozione dei linfonodi ascellari potrebbe predisporre alle infezioni, per cui vi consigliamo di proteggere la mano ed il braccio da ferite, punture, abrasioni e scottature. Se ciò avvenisse vi raccomandiamo di disinfettare accuratamente la parte. Se avete l’hobby del giardinaggio usate dei guanti protettivi. Nel caso si verificasse un’infezione, questa dovrà essere trattata dal medico con una terapia antibiotica. Sarà anche importante salvaguardare l’arto da possibili traumatismi non sollevando e non spostando grossi pesi ai quali non siete abituate. Per questo motivo, dopo le 6 settimane dall’intervento, sarà importante iniziare un graduale rinforzo dei muscoli del braccio* con piccoli pesi o con del nuoto per riabituare il vostro braccio alle attività alle quali eravate abituate. Inoltre se usate il reggiseno, questo non dovrebbe essere troppo stretto sulle coste o sulle spalle: se la cute sottostante dovesse presentare un segno evidente di depressione, espressione di una difficoltà di drenaggio linfatico lungo le vie collaterali, utilizzate un reggiseno con spalline più larghe o frapponete tra cute e spallina una protezione soffice. Evitate dove è possibile prelievi di sangue e/o flebo sul braccio operato, in caso di necessità utilizzate l’altro braccio. Se siete amanti dell’abbronzatura, utilizzate un’adeguata crema protettiva per evitare scottature.
*Rinforzo dei muscoli del braccio.
Iniziare il rinforzo dopo 6 settimane dalla rimozione del drenaggio. Tale rinforzo deve essere eseguito per 4 settimane, a giorni alterni, iniziando con pesi da 1/2 Kg e passando poi a pesi da 1 kg. Il peso (è possibile utilizzare una bottiglia d’acqua da 1/2 litro e poi 1 litro) va sollevato tenendo il braccio teso verso: avanti(1), in fuori verso l’alto(2), di lato(3) e verso l’alto(4) (per quest’ultimo movimento, il braccio va piegato fino a toccare la spalla e poi va steso verso l’alto). Ogni movimento andrà effettuato per 3 serie di ripetizioni, dove ogni serie è costituita da un numero variabile di ripetizioni fino a un massimo di 10 ripetizioni. Quando si è in grado si eseguire tre serie da dieci ripetizioni per ogni movimento, allora occorre aumentare il carico di lavoro, passando all’utilizzo del peso da 1 Kg. In sostituzione agli esercizi con i pesi, per potenziare l’arto, si può anche eseguire del nuoto sempre a giorni alterni e sempre aumentando gradualmente il carico di lavoro. Una regola generale e importante del rinforzo muscolare è che gli esercizi devono provocare affaticamento muscolare ma non dolore.
* Da eseguirsi inizialmente senza peso, nel corso dei giorni provare ad aumentare le ripetizioni ed a utilizzare un peso da 05 Kg
Fibrosi
Nonostante l’esecuzione degli esercizi, a volte possono formarsi dei “cordini” fibrotici, che si evidenziano durante l’apertura del braccio e del gomito, e che occorre eliminare il più precocemente possibile mediante una manovra di scollamento effettuata dal fisioterapista, per evitare che diventino “cordoni” eliminabili con maggiori difficoltà. Un’ora prima della seduta di scollamento è opportuno assumere un’analgesico.
Dopo la dimissione
Gli esercizi descritti andranno eseguiti con regolarità
1 volta al giorno (3 ripetizioni per ogni movimento) fino alla rimozione del drenaggio se verrà dimessa con questo presidio. Successivamente andranno eseguiti 3 volte al giorno (5 ripetizioni per ogni movimento) per 6 settimane, fino al raggiungimento di una completa ripresa motoria che dovrà avvenire entro le 2 settimane successive alla rimozione del drenaggio. Se così non fosse sarà indispensabile rivolgersi ad un Centro di Riabilitazione.
Se dovrà eseguire della radioterapia esterna, durante il trattamento sarà opportuno svolgere tutti gli esercizi riportati in questo opuscolo una volta al giorno per due mesi al fine di garantire il mantenimento dell’elasticità dei tessuti irradiati, la risoluzione delle eventuali limitazioni funzionali dell’arto presenti dopo l’intervento e la prevenzione di rigidità articolari e della stasi linfatica. In caso di problemi è consigliabile rivolgersi a un Centro di Riabilitazione, per evitare l’instaurarsi di limitazioni funzionali permanenti. I Fisioterapisti ricevono per valutazioni funzionali o trattamenti riabilitativi previo appuntamento al CUP (Centro Unificato Prenotazioni) al numero 02.57489.001.
Esercizi dopo biopsia del linfonodo sentinella
Sensazioni sulla ferita
Dopo l’intervento si potranno avvertire alcune sensazioni nella sede dell’operazione. Una sensazione di gonfiore in corrispondenza della cicatrice chirurgica può essere dovuta ad una modesta raccolta di sangue,che di regola si assorbe nell’arco di una/due settimane dall’intervento. L’area della ferita può dare una sensazione di disagio o di tensione che rappresenta un decorso normale dopo un intervento chirurgico. Se la sensazione si tramuta in dolore è consigliabile assumere, 1 ora prima dell’esecuzione degli esercizi, un analgesico su indicazione del proprio medico curante. Se il dolore è importante, eventualmente accompagnato da febbre, si consiglia di sospendere gli esercizi che verranno elencati nei paragrafi successivi e contattare il chirurgo. Gli esercizi motori vanno iniziati il primo giorno dopo l’intervento chirurgico e vanno pro- seguiti per 6 settimane. Essi devono essere eseguiti per riacquistare completamente la motilità del braccio e della spalla dal lato dell’intervento e andranno ripetuti per due volte al giorno. Gli esercizi vanno eseguiti in modo che il vostro corpo rimanga sempre ben allineato (schiena diritta, spalle simmetriche, testa che guarda avanti).
La respirazione profonda associata agli esercizi vi aiuterà ad ottenere un miglior rilassamento perché permette di avvertire minor disagio e tensione nell’area della ferita. Per verificare la posizione corretta è bene eseguire tali esercizi davanti allo specchio. Il braccio infatti va usato per tutte le vostre attività quotidiane: tutta la giornata diventa un utile esercizio. Talvolta dopo una quindicina di giorni dall’intervento potrete avere la sensazione di sen- tirvi più legate nei movimenti. Questo è dovuto alle fibre di riparazione cicatriziale a livello ascellare, ed è in questo periodo che viene richiesta la massima riabilitazione motoria.
Le ricordiamo che un senso di fastidio e modesto dolore possono essere normali durante lo svolgi- mento di
Fibrosi
Nonostante l’esecuzione degli esercizi, a volte possono formarsi dei “cordini” fibrotici, che si evidenziano durante l’apertura del braccio e del gomito, e che occorre eliminare il più precocemente possibile mediante una manovra di scollamento effettuata dal fisioterapista, per evitare che diventino “cordoni” eliminabili con maggiori difficoltà. Un’ora prima della seduta di scollamento è opportuno assumere un’analgesico.
Esercizi
Tecnica di respiro
Distese a letto, braccia lungo i fianchi, ginocchia piegate. Inspirate profondamente e lentamente dal naso, in modo da espandere l’addome al di sotto dell’ombelico, quindi espirate lentamente svuotando completamente i polmoni. Eseguite questo esercizio per qualche minuto.
Aprire e rilasciare
Distese a letto, ginocchia piegate, flettete il braccio portando la mano sulla spalla, quindi portatelo in fuori mantenendo il contatto del gomito con il materasso fino ad avvertire una tensione a livello ascellare o pettorale (Fig. 1). Mantenete la posizione raggiunta rilasciando la muscolatura del braccio e della spalla eseguendo la tecnica del respiro per 30 secondi, quindi se la tensione è diminuita proseguite nel movimento di apertura fino ad avvertire nuovamente la sensazione di tensione che manterrete per altri 30 secondi (Fig. 2). Ritornate alla posizione di partenza. Ripetete l’esercizio 5 volte.
Gomito disteso e braccio aderente all’orecchio.(Fig. 3)
Fig. 3
Distensione delle braccia lungo il muro frontalmente
In piedi di fronte al muro, ad una spanna da esso, mettete tutte e due le mani contro la parete all’ altezza delle spalle e fate salire le dita contro la parete parallelamente. Arrivate alla massima altezza possibile avvicinandovi completamente alla parete; fermatevi qualche secondo e ritornate nella posizione di partenza.
Ripetete questo esercizio per 5 volte
Attenzione a non inarcare la schiena.
Frequenza:
Questi esercizi andranno eseguiti a casa con regolarità (2 volte al giorno per 6 settimane), fino al raggiungimento di una completa ripresa motoria che dovrà avvenire entro le 2 settimane successive all’intervento chirurgico.
Se così non fosse sarà indispensabile rivolgersi presso un Centro di Riabilitazione.
La Radioterapia Esterna in Senologia
Cosa è la Radioterapia?
La radioterapia consiste nella somministrazione di radiazioni con un apposito apparecchio (acceleratore lineare) a scopo di cura. Le radiazioni possono essere erogate dall’esterno (radioterapia esterna) o direttamente sull’organo da trattare durante l’intervento chirurgico (radioterapia intraoperatoria). Presso l’Istituto si stanno studiando schemi di terapia che associano le due diverse modalità di terapia. Le radiazioni vengono erogate sulla zona da trattare e vanno a colpire le cellule neoplastiche eventualmente presenti. Il trattamento è indolore.
Perché si esegue la radioterapia?
La radioterapia, attraverso l’emissione di radiazioni, consente di curare alcune malattie, in particolare quelle tumorali. Nel trattamento delle neoplasie mammarie, la radioterapia è generalmente utilizzata in aggiunta all’intervento chirurgico, allo scopo di ridurre il rischio di recidive locali, attraverso l’eliminazione di eventuali cellule tumorali residue all’intervento chirurgico.
Spesso è necessario eseguire delle scansioni TC della sede di malattia, con apparecchiatura dedicata (TC simulatore). Sulla cute vengono tatuati alcuni punti di riferimento per centrare con precisione la zona da trattare.
La radioterapia inizia in Istituto a circa una settimana dalla simulazione.
Come viene eseguita la radioterapia esterna?
Dopo aver terminato la simulazione e l’elaborazione del piano di cura ha inizio il trattamento vero e proprio. Nella maggior parte dei casi viene effettuata una seduta al giorno per cinque giorni alla settimana, dal lunedì al venerdì, per alcune settimane consecutive. Il trattamento viene eseguito in regime ambulatoriale.
In occasione di ogni seduta la paziente viene accompagnata all’interno della sala di trattamento dove è alloggiata l’unità di terapia. La paziente, dopo essersi tolta i vestiti che coprono l’area da trattare, viene fatta distendere su un lettino e accuratamente posizionata secondo quanto già deciso nel corso della simulazione. La parte della macchina da cui fuoriescono le radiazioni, chiamata “testata”, viene ruotata attorno alla persona per essere situata correttamente in corrispondenza dell’area da trattare. Tutta questa operazione, chiamata “set up”, viene fatta di solito a luci spente: essa rappresenta la fase più importante e laboriosa di ogni seduta e richiede diversi minuti. Una volta posizionata correttamente, la paziente viene lasciata sola nella stanza e il trattamento, per lo più della durata di pochi minuti, ha inizio. Ogni stanza è dotata di sistema di comunicazione mediante interfono e di un sistema video a circuito chiuso che consente un costante controllo.
Non alzatevi mai dal lettino senza che questo vi sia chiesto!
Dopo la seduta di radioterapia devo osservare delle regole particolari?
Al termine di ogni seduta può riprendere le proprie attività senza particolari precauzioni. La radioterapia esterna o intraoperatoria non rende radioattivi e quindi si può stare tranquillamente a contatto con altre persone.
Quali sono gli effetti collaterali conseguenti all’irradiazione della mammella?
Alterazioni cutanee: ricordiamo che la cute irradiata si comporta all’incirca come dopo una esposizione solare protratta; questo significa che le possibili alterazioni a carico della cute sono variabili da persona a persona. Le zone più sensibili della mammella sono soprattutto l’areola, il solco sottomammario e il cavo ascellare: tali zone diventano ancora più sensibili se il trattamento viene effettuato in estate in quanto la sudorazione può favorire ulteriormente la comparsa di alterazioni cutanee. Sensazione di tensione mammaria: questo distur-
bo è dovuto prevalentemente ad una raccolta di liquidi a livello della mammella irradiata per effetto sia delle radiazioni che della alterata circolazione linfatica conseguente all’intervento chirurgico. Può essere utile non indossare il reggiseno. Si raccomanda di riprendere gli esercizi di
riabilitazione appresi dopo l’intervento.
Aumentata consistenza: questa alterazione è determinata dal fatto che nella maggior parte dei casi la mammella irradiata può andare incontro ad un variabile processo di fibrosi indotto dalle radiazioni. Questo effetto può perdurare anche per diversi mesi dal termine del trattamento.
Nel sito www.radioterapiaitalia.it troverà l’elenco di tutti i centri di radioterapia d’Italia.
Cosa devo fare prima di iniziare la radioterapia esterna?
Prima di iniziare il trattamento va effettuato un consulto con lo specialista radioterapista; nel corso della visita il medico, in relazione alla situazione clinica, stila un programma terapeutico.
Cos’è e come viene fatta la “simulazione”?
Prima di iniziare il trattamento, il radioterapista, in collaborazione con il fisico sanitario, redige un piano di trattamento personalizzato, in relazione all’intervento eseguito e alla conformazione anatomica della paziente.
Spesso è necessario eseguire delle scansioni TC della sede di malattia, con apparecchiatura dedicata (TC simulatore). Sulla cute vengono tatuati alcuni punti di riferimento per centrare con precisione la zona da trattare.
La radioterapia inizia in Istituto a circa una settimana dalla simulazione.
Dopo aver terminato la simulazione e l’elaborazione del piano di cura ha inizio il trattamento vero e proprio. Nella maggior parte dei casi viene effettuata una seduta al gior- no per cinque giorni alla settimana, dal lunedì al venerdì, per alcune settimane consecutive. Il trattamento viene eseguito in regime ambulatoriale.
In occasione di ogni seduta la paziente viene accompagnata all’interno della sala di trattamento dove è alloggiata l’unità di terapia. La paziente, dopo essersi tolta i vestiti che coprono l’area da trattare, viene fatta distendere su un lettino e accuratamente posizionata secondo quanto già deciso nel corso della simulazione. La parte della mac- china da cui fuoriescono le radiazioni, chiamata “testata”, viene ruotata attorno alla persona per essere situata correttamente in corrispondenza dell’area da trattare. Tutta questa operazione, chiamata “set up”, viene fatta di solito a luci spente: essa rappresenta la fase più importante e laboriosa di ogni seduta e richiede diversi minuti. Una volta posizionata correttamente, la paziente viene lasciata sola nella stanza e il trattamento, per lo più della durata di pochi minuti, ha inizio. Ogni stanza è dotata di sistema di comunicazione mediante interfono e di un sistema video a circuito chiuso che consente un costante controllo.
Dopo la seduta di radioterapia devo os- servare delle regole particolari?
Al termine di ogni seduta può riprendere le proprie attività senza particolari precauzioni. La radioterapia esterna o intraoperatoria non rende radioattivi e quindi si può stare tranquillamente a contatto con altre persone.
Quali sono gli effetti collaterali conse- guenti all’irradiazione della mammella?
Alterazioni cutanee: ricordiamo che la cute irradiata si comporta all’incirca come dopo una esposizione solare protratta; questo significa che le possibili alterazioni a carico della cute sono variabili da persona a persona. Le zone più sensibili della mammella sono soprattutto l’areola, il solco sottomammario e il cavo ascellare: tali zone diventano ancora più sensibili se il trattamento viene effettuato in estate in quanto la sudorazione può favorire ulteriormente la comparsa di alterazioni cutanee. Sensazione di tensione mammaria: questo disturbo è dovuto prevalentemente ad una raccolta di liquidi a livello della mammella irradiata per effetto sia delle radia- zioni che della alterata circolazione linfatica conseguente all’intervento chirurgico. Può essere utile non indossare il reggiseno. Si raccomanda di riprendere gli esercizi diriabilitazione appresi dopo l’intervento.
Aumentata consistenza: questa alterazione è determinata dal fatto che nella maggior parte dei casi la mammella irradiata può andare incontro ad un variabile processo di fibrosi indotto dalle radiazioni. Questo effetto può perdurare anche per diversi mesi dal termine del trattamento.
Nel sito www.radioterapiaitalia.it troverà l’elenco di tutti i centri di radioterapia d’Italia.
L’ormonoterapia e la terapia biologica nel trattamento precauzionale del tumore mammario dopo chirurgia (Tru Cut)
Che cosa è la terapia ormonale?
L’ormonoterapia, o terapia ormonale, consiste nella somministrazione di farmaci in grado di interferire con l’attività degli estrogeni, ormoni ritenuti coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo di almeno due terzi dei tumori mammari. Per tale motivo si ritiene che la loro riduzione possa essere un trattamento efficace.
I meccanismi di azione fondamentali dell’ormonoterapia sono sostanzialmente tre:
- impedire alla cellula tumorale di essere influenzata dagli ormoni prodotti dall’organismo attraverso la somministrazione di un antiestrogeno (Tamoxifen);
- inibire la produzione di estrogeni, bloccando l’azione di un enzima, aromatasi, che trasforma gli androgeni in estrogeni (inibitori dell’aromatasi);
- inibire la produzione degli estrogeni prodotti dal le ovaie utilizzando gli analoghi dell’LHRH (ablazione ovarica).
In quali casi è indicata la terapia ormonale?
L’ormonoterapia è efficace soltanto nelle donne in cui è stata dimostrata la presenza di recettori per l’estrogeno e/o il progesterone sulla superficie delle cellule tumorali.
Il tumore si definisce in questo caso estrogeno-positivo (ER+) e/o progesterone-positivo (PGR+).
Come avviene la scelta del trattamento?
La scelta del trattamento più indicato per ogni donna dipende da una serie di fattori, i principali dei quali sono:
- caratteristiche della malattia
- trattamenti già ricevuti
- presenza di recettori specifici sulle cellule neoplastiche
- stato menopausale.
L’oncologo discuterà con voi quale tipo di terapia ormonale sia più indicato nel vostro caso, consigliando una terapia ormonale con tamoxifen o con un inibitore dell’aromatasi o potrebbe essere offerta la sequenza dei due farmaci per un tempo complessivo di almeno cinque anni.
Il Tamoxifene
Cosa è il tamoxifene?
Il tamoxifene appartiene alla classe degli antiestrogeni. Il meccanismo di azione di tali sostanze consiste nell’impedire che l’estrogeno si combini con le cellule tumorali e ne stimoli la crescita.
Il tamoxifene può essere attivo sia nelle donne che non hanno raggiunto la menopausa (stato pre-menopausale) sia alle donne che sono già in menopausa (stato postmenopausale).
Il tamoxifene è la terapia più comune per le donne in stato pre-menopausale.
Con quali nomi si trova in commercio?
Il tamoxifene è disponibile sia come specialità medici- nale (Nolvadex®, Kessar®, Nomafen®, Tamoxene®) sia come farmaco generico (Tamoxifene Ratiofarm, Ta- moxifene Segix, Tamoxifene TAD). Se lei è intollerante al lattosio, essendo questo eccipiente presente in quasi tutte le preparazioni commerciali, può richiedere al suo medico di prescriverle un farmaco galenico privo di lattosio.
Quando devo assumere il farmaco?
Il farmaco può essere assunto appena disponibile indi- pendentemente dal ciclo mestruale.
Come devo assumere il farmaco?
Il farmaco, in forma di compressa o capsula, si assume per bocca tutti i giorni all’incirca alla stessa ora (vi è una tolleranza di 2-3 ore).
Inibitori dell’aromatasi
Cosa sono gli inibitori dell’aromatasi?
Gli inibitori dell’aromatasi sono farmaci che riducono la quantità di estrogeni in circolo nell’organismo e di conseguenza la quantità di ormoni che raggiungono le cellule tumorali nel seno.
Gli inibitori dell’aromatasi sono riservati alle donne già in menopausa; in queste donne la produzione di estrogeni da parte delle ovaie è praticamente inesistente, ma nei muscoli, nel fegato e nel tessuto adiposo l’enzima aromatasi converte gli androgeni in estrogeni.
Con quali nomi si trovano in commercio?
I farmaci più comunemente usati sono anastrozolo (Arimidex®), letrozolo (Femara®) e exemestane (Aromasin®). Si assumono sotto forma di compressa giornaliera.
Quali effetti collaterali provocano?
Gli effetti collaterali più comuni sono:
- vampate di calore
- stanchezza
- dolori articolari
- secchezza vaginale
- nausea.
Il trattamento prolungato con gli inibitori dell’aromatasi potrebbe indurre osteoporosi. Per questo motivo l’ oncologo potrebbe ritenere opportuno sottoporvi a controlli regolari della densità ossea e consigliarvi l’assunzione di farmaci per rallentare o contrastare questo processo.
Analoghi dell’LHRH
Cosa sono gli analoghi dell’LHRH?
Sono sostanze che inibiscono la produzione degli estrogeni da parte delle ovaie con conseguente blocco del ciclo mestruale (ablazione o soppressione ovarica).
In quali casi è indicata l’ablazione ovarica?
Nelle donne in età premenopausale l’ablazione ovarica consente di abbassare i livelli di estrogeni e di indurre una menopausa temporanea, contribuendo quindi a bloccare la crescita delle cellule tumorali.
I livelli ormonali possono ritornare normali alla conclusione del trattamento, in alcuni casi anche senza la ripresa del ciclo mestruale.
Gli analoghi dell’LHRH vengono spesso usati in associazione con un altro antiestrogeno per un periodo di almeno due anni.
Quali effetti collaterali provocano?
Gli effetti collaterali del trattamento sono simili a quelli della menopausa fisiologica e comprendono vampate di calore e sudorazione, diminuzione della libido, cefalea e sbalzi d’umore.
Con quali nomi si trovano in commercio?
I nomi di questi farmaci sono: triptorelina embonato (Decapeptyl®), goserelin (Zoladex®), leucoprorelina acetato (Enantone®)
Quando devo farmi praticare il farmaco?
La prima somministrazione deve avvenire il primo giorno delle mestruazioni. Le successive devono avvenire puntualmente ogni 28 giorni. È possibile che la prima somministrazione non impedisca il flusso mestruale, che potrebbe presentarsi come normale per uno o due mesi.
Come devo farmi praticare il farmaco?
Zoladex® e Enantone® si somministrano sotto forma di iniezioni sottocutanee. Decapeptyl® per via intramuscolare.
Per ottenere il farmaco occorre una prescrizione particolare?
Per l’erogazione del farmaco da parte del Sistema Sanitario Nazionale occorre rivolgersi al Medico di Medicina Generale con la “Scheda di segnalazione diagnosi e piano terapeutico” rilasciata dallo specialista oncologo, che ha validità semestrale o annuale, in relazione alla quale il Medico di Medicina Generale può emettere la ricetta per il ritiro del farmaco in farmacia.
Si tratta di farmaci molto costosi.
Al contrario del Tamoxifene, questi farmaci non aumentano il rischio di trombosi degli arti inferiori, di tumore dell’utero o di ictus.
Quando devo assumere il farmaco?
Il farmaco può essere assunto appena disponibile ind pendentemente dal ciclo mestruale.
Come devo assumere il farmaco?
Il farmaco, in forma di compressa, si assume per bocca tutti i giorni all’incirca alla stessa ora (vi è una tolleranza di 2-3 ore).
Per ottenere il farmaco occorre una prescrizione particolare?
Per ottenere il farmaco dal sistema sanitario nazionale occorre rivolgersi al Medico di Medicina Generale con la “Scheda di segnalazione diagnosi e piano terapeutico” rilasciata dallo specialista oncologo, che ha validità semestrale o annuale. Il Medico di Medicina Generale può quindi emettere la ricetta per il ritiro del farmaco in farmacia
Anticorpi monoclonali (terapia biologica)
Cosa è la terapia biologica?
Negli ultimi anni sono stati studiati farmaci capaci di colpire solo le cellule tumorali, agendo su un bersaglio contenuto esclusivamente o prevalentemente nelle cellule tumorali. A questi farmaci (definiti “biologici”) appartengono gli anticorpi monoclonali, che si sono dimostrati in grado di colpire e distruggere le cellule tumorali senza danneggiare quelle sane.
Cosa sono gli anticorpi monoclonali?
Gli anticorpi monoclonali sono simili agli anticorpi che ci difendono dalle infezioni e da altre malattie, ma hanno la caratteristica di essere stati realizzati dai ricercatori per raggiungere ed eliminare determinate cellule tumorali che si riconoscono dalla presenza di recettori specifici.
Alla classe degli anticorpi monoclonali utilizzati nel trattamento dei tumori mammari appartiene il trastuzumab (Herceptin®).
In quali casi è indicato l’uso dell’Herceptin?
Il trastuzumab (Herceptin) agisce unicamente sui carcinomi della mammella che presentano in grande eccesso un recettore chiamato HER 2.
Nel carcinoma mammario Herceptin è in grado di ridurre il rischio di recidiva dopo il trattamento chirurgico. Herceptin può essere utilizzato in combinazione con altri farmaci anche per il trattamento di carcinomi mammari in stadio avanzato, recidivante o diffuso ad altri organi.
Quali effetti collaterali provoca?
Gli effetti collaterali sono di solito lievi:
alcune pazienti possono sviluppare sintomi simil- influenzali, diarrea, mal di testa, reazioni allergiche. In alcuni casi Herceptin può produrre un danno cardiaco, di solito di lieve entità che nella maggior parte dei casi è reversibile dopo la sospensione del trattamento. Tuttavia, al momento si ignorano gli effetti a lungo termine di qualunque danno a livello cardiaco; per tale motivo Herceptin non è indicato per il trattamento di pazienti con problemi cardiaci.
Quali sono le modalità di somministrazione degli anticorpi?
Gli anticorpi vengono somministrati per endovena ogni 3 settimane, esclusivamente in ambito ospedaliero. Sono farmaci molto costosi.
Studio SOUND Sentinel node vs. Observation after axillary UltrasouND
Questa iniziativa è un invito a partecipare ad un programma di ricerca clinica alla paziente che è affetta da neoplasia mammaria. Per poter decidere in modo consapevole se partecipare o meno allo studio La paziente deve capire bene cosa questo comporta in termini di rischi, benefici e impegno. Questo processo di comprensione è noto con il termine di consenso informato.
Preghiamo la paziente di leggere con attenzione questo modulo informativo che fornisce informazioni dettagliate riguardo lo studio che il Suo medico ha già discusso con Lei. Il medico è a Sua disposizione per spiegare quanto non fosse chiaro. Inoltre, se lo desidera, può parlare di questo studio con persone di Sua fiducia. Una volta che avrà capito bene di cosa si tratta, se deciderà di partecipare, Le verrà chiesto di firmare il consenso informato e riceverà una copia di questo documento e del foglio di informazioni. Lo studio è stato ideato, proposto e sponsorizzato dall’Istituto Europeo di Oncologia.
Quale sarebbe la terapia convenzionale?
Gli esami effettuati hanno messo in evidenza la presenza di una piccola neoplasia della mammella che può essere trattata con una quadrantectomia (asportazione di una parte limitata della mammella). In passato alla quadrantectomia veniva aggiunta la dissezione ascellare (asportazione completa dei linfonodi ascellari, chiamata anche svuotamento ascellare). Da qualche anno, nelle pazienti con linfonodi ascellari clinicamente sani, al posto della dissezione ascellare viene eseguita l’asportazione del linfonodo sentinella che è il primo linfonodo ad essere eventualmente interessato. In caso di negatività (assenza di coinvolgimento) del linfonodo sentinella la dissezione ascellare non viene eseguita. Recenti studi hanno inoltre mostrato che anche in presenza di minimo coinvolgimento del linfonodo sentinella è possibile risparmiare l’esecuzione della dissezione ascellare ottenendo le stesse possibilità di guarigione.
Qual è lo scopo di questo studio? A chi viene proposto?
Numerosi studi hanno dimostrato che l’asportazione chirurgica dei linfonodi ascellari non aumenta le possibilità di guarigione. Quindi, gli obiettivi di questo studio sono:
1. Confermare che la qualità di vita delle pazienti può essere migliorata grazie ad una minore invasività dell’intervento chirurgico
2. Confermare che anche la biopsia del linfonodo senti- nella può essere evitata qualora un’accurata diagnostica del cavo ascellare risulti negativa
3. Confermare che la scelta del trattamento medico postoperatorio può essere presa esclusivamente sulla base della biologia della neoplasia in presenza di un’ac- curata diagnostica preoperatoria del cavo ascellare.
Prenderanno parte a questo studio circa 1500 pazienti affette da tumore al seno di diametro inferiore o uguale a 2 cm, candidate a quadrantectomia e con linfonodi ascellari clinicamente sani.
Qual è il trattamento proposto a chi partecipa allo studio?
Tutte le pazienti dovranno eseguire prima dell’intervento un’ecografia del cavo ascellare. Qualora venga riscontrato un linfonodo di aspetto dubbio verrà eseguito un approfondimento diagnostico (agoaspirato sotto guida ecografica del linfonodo). Se gli esami dovessero riscontrare un interessamento linfonodale si procederà direttamente con la dissezione ascellare. Qualora invece gli esami siano negativi, la paziente potrà partecipare allo studio. A questo punto le pazienti verranno suddivise un due gruppi, secondo un procedimento detto randomizzazione, che prevede l’assegnazione “casuale” a uno dei due gruppi che risulteranno così omogenei per poter fare successivamente un’analisi obiettiva dei risultati.
I gruppi di studio sono:
Gruppo 1: quadrantectomia con biopsia del linfonodo sentinella ed eventuale dissezione ascellare,
oppure
Gruppo 2: quadrantectomia senza biopsia del linfonodo sentinella.
Nelle pazienti del Gruppo 1 verrà applicata la pratica clinica standard che prevede di eseguire l’asportazione del linfonodo sentinella contestualmente alla quadrantectomia. In caso di negatività del linfonodo sentinella non verrà eseguita la dissezione ascellare. Considerando le recenti acquisizioni, la dissezione ascellare non verrà eseguita anche in presenza di minimo coinvolgimento del linfonodo sentinella (interessamento inferiore a 2 mm). La dissezione ascellare verrà indicata solo in presenza di interessamento del linfonodo sentinella superiore a 2 mm.
Nelle pazienti del Gruppo 2 verrà eseguita l’asportazione del tumore mammario senza rimuovere alcun linfonodo ascellare.
Comunque, in entrambi i gruppi tutte le pazienti riceveranno una radioterapia sulla mammella ed un trattamento medico precauzionale sistemico, cioè una terapia che agisca non solo sul seno ma anche su tutto il corpo e quindi anche su eventuali linfonodi residui.
Ci sono benefici a partecipare allo Studio?
Un importante beneficio di questo studio è rappresentato dalla possibilità di eseguire un’accurata e mirata valutazione diagnostica che consenta di riscontrare o escludere preoperatoriamente un coinvolgimento linfonodale rilevante. Questo approccio innovativo sarà attuato in tutte le pazienti, indipendente dal gruppo di randomizzazione. Un altro beneficio è rappresentato dalla conseguente maggiore possibilità di conservare i linfonodi che svolgono un’utile funzione immunitaria.
Inoltre, le pazienti che non eseguiranno la biopsia del linfonodo sentinella non dovranno eseguire la linfoscintigrafia (procedura di medicina nucleare che consente di identificare il linfonodo sentinella attraverso l’iniezione di una piccola quantità di tracciante radioattivo), avranno minore ospedalizzazione, minori sequele e complicanze postoperatorie nonché una maggiore possibilità di eseguire interventi in Day Hospital.
In ultima analisi, l’obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita delle donne come conseguenza del minor trauma chirurgico e della minore incidenza di complicanze legate all’intervento quali, lesioni vascolari (emorragie), nervose (alterazioni della sensibilità o deficit di mobilità) e linfedema (braccio grosso).
Ci sono rischi a partecipare allo studio?
Numerosi studi hanno dimostrato come l’asportazione chirurgica dei linfonodi ascellari non aumenti le possibilità di guarigione. Quindi non ci aspettiamo alcun significativo rischio in termini oncologici nelle pazienti che non verranno sottoposte alla biopsia del linfonodo sentinella. In queste pazienti il principale ma improbabile rischio è rappresentato dalla comparsa di adenopatie (linfonodi ingrossati) durante gli anni successivi all’intervento. Tale rischio è comunque possibile, sebbene teoricamente inferiore, anche tra coloro che eseguono la biopsia del linfonodo sentinella. In questo caso verrà eseguito un intervento di dissezione ascellare completa per eliminare i linfonodi coinvolti. Naturalmente tutte le pazienti che entreranno in questo studio verranno attentamente seguite e controllate secondo un programma consigliato di visite periodiche ed esami regolari.
Un altro teorico rischio è legato alla mancanza di informazione istologica sui linfonodi. Tuttavia, la valutazione diagnostica preoperatoria e la valutazione biologica della neoplasia sono oggi in grado di offrire informazioni adeguate per definire il programma terapeutico successivo.
Cosa succederà se partecipa a questo studio di ricerca?
Prima di entrare nello Studio, il Suo medico effettuerà un’anamnesi e una visita medica completa per valutare la Sua idoneità a partecipare allo studio. Per tutte le pazienti incluse nello studio le visite di controllo sono in accordo con le comuni linee-guida di follow-up per le pazienti al di fuori dello studio clinico.
Lo studio può essere interrotto?
In qualsiasi momento sarà per Lei possibile decidere di interrompere la Sua partecipazione allo studio, senza dover fornire giustificazioni e senza che questo influisca sulla buona qualità delle cure di cui necessita. Il Suo medico potrà anche decidere in qualsiasi momento di interrompere la Sua partecipazione allo studio se lo ritiene opportuno. Verrà informata di ogni eventuale scoperta che potrebbe influenzare la Sua decisione di continuare a partecipare allo studio.
Sono obbligata a partecipare? Dovrò sostenere delle spese?
La partecipazione a questo studio è volontaria. Se deciderà di non partecipare, continuerà comunque a ricevere le migliori cure possibili. Se deciderà di partecipare non dovrà sostenere alcuna spesa aggiuntiva.
Cosa succede in caso di problemi?
Presso la compagnia Generali (N° Polizza C/209443874) è stata stipulata una polizza per la copertura assicurativa dei pazienti che partecipano a questo studio. In caso di problemi, la preghiamo di contattare il medico dello studio, che Le dirà cosa fare.
Esercizi per il recupero motorio del muscolo gran dentato
Il deficit motorio del muscolo gran dentato è una sequela possibile dopo intervento chirurgico sui linfonodi ascellari, o ricostruzione del seno con protesi o espansore.
È consigliato eseguire i seguenti esercizi con la supervisione di un fisioterapista. Il deficit nella quasi totalità dei pazienti è transitorio e si risolve in circa 6 mesi.
Per evitare di sforzare eccessivamente la muscolatura accessoria, nel periodo di durata del deficit muscolare e fino a quando ritenuto opportuno dal vostro fisioterapista, è consigliato non superare i 90° di abduzione e flessione, quindi non portare la mano oltre il piano della spalla.
Gli esercizi qui di seguito sono indicati per recuperare il prima possibile la forza e funzionalità del muscolo gran dentato, si consiglia di eseguirli con la supervisione di un fisioterapista.
Esercizio da eseguire fino alla rimozione del drenaggio
Elevazione del braccio a 45° di abduzione.
Da posizione supina, portare il braccio aperto in alto con il gomito steso, allungare il braccio protendendo la spalla come per cercare di raggiungere un oggetto poco più distante dalle dita.
Eseguire 2 serie di 5 ripetizioni ognuna, 1 volta al giorno dopo gli esercizi di mobilizzazione.
Esercizi da eseguire dopo la rimozione del drenaggio
Si consiglia di eseguire gli esercizi spiegati qui di seguito 2 volte alla settimana per 6 settimane.
Eseguite ogni esercizio per 2 serie dove ogni serie è costituita da un numero variabile di ripetizioni fino a un massimo di 10. Utilizzate la fascia elastica che conferisca minore resistenza e sia la più sottile (normalmente tali fasce hanno il colore più chiaro, consigliamo di chiedere informazioni al rivenditore).
3 volte alla settimana passate le 6 settimane.
Eseguite ogni esercizio per 3 serie dove ogni serie è costituita da un numero variabile di ripetizioni fino a un massimo di 10. Quando sarete in grado di eseguire 3 serie da 10 ripetizioni per ogni movimento, potrete aumentare il carico di lavoro utilizzando un elastico più duro secondo le indicazioni del fisioterapista che vi segue. Gli esercizi sono indicati per recuperare il prima possibile la forza e la funzionalità del muscolo.
Esercizi da “vogatore” da eseguire in posizione seduta.
Attaccare un elastico in un punto di fronte a voi ad altezza circa del bacino, prendete un capo di elastico con ogni mano ed eseguite gli esercizi qui sotto elencati
Posizionare l’elastico in un punto all’incirca all’altezza delle vostre spalle, poi voltatevi prendendo i capi dell’elastico con entrambe le mani
Posizionare l’elastico in un punto all’altezza del vostro fianco, mettersi con il fianco dal lato operato rivolto verso l’elastico, prendendone un capo con la mano dal lato operato.
Con l’elastico sempre posizionato in un punto all’altezza del vostro fianco, mettersi con il fianco dal lato non operato rivolto verso l’elastico, prendendone un capo con la mano dal lato operato.
Elettrostimolazione
Inoltre si consiglia di eseguire elettrostimolazione per il muscolo gran dentato con l’assistenza di un fisioterapista in queste modalità:
Bifasica, rettangolare; Frequenza 5-7 Hz;
Durata stimolo 120 mS; Ampiezza 200 mA;
Durata trattamento 20-30min.
Se dopo i 3 mesi di esecuzione di questi esercizi non si ottiene un miglioramento, in accordo con il proprio fisioterapista, si valuterà la possibilità di effettuare un’elettromiografia per valutare le condizioni di innervazione del muscolo gran dentato.